Insulti via Facebook: quindici denunce dalla polizia locale
Monitoraggio dei commenti denigratori pubblicati sui social. E gli haters, gli "odiatori" del web, finiscono per chiedere scusa e pentirsi. Senza pentimento si finisce davanti al giudice
MANTOVA. Attenzione a quello che si scrive sui social. Il rischio di essere denunciati per diffamazione è concreto. La polizia locale di Mantova ha costituito un’apposita task force che ha il compito di monitorare le pagine dove abitualmente si esprimono i navigatori del web (Facebook, Twitter ecc.). Occhio quindi agli insulti, alle offese personali, alle minacce e, in genere, alle frasi pesanti e sconvenienti.
Il comando di viale Fiume ha già individuato e querelato quindici persone che, commentando operazioni di polizia, si sono lasciati andare a commenti diffamatori. Vale la pena ricordare che la pena prevista per questo tipo di reato va da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni di reclusione.
Ecco come gli agenti della task force della polizia locale si muovono in presenza di contenuti diffamatori a loro rivolti. Prima di tutto individuano l’autore e salvano la prova, il post incriminato che potrebbe andare facilmente perduto, se si considera che l’autore del commento offensivo potrebbe cancellarlo in qualsiasi momento. Così, se è vero che ci sono sempre i testimoni che potranno dire di aver letto la frase incriminata, la polizia procede e non si limita a stampare la pagina web o a farne una copia digitale (screenshot), conservando solo l’immagine, ma la fa autenticare da un pubblico ufficiale (ad esempio un notaio), che attesta la corrispondenza con l’originale, togliendo così ogni dubbio circa possibili alterazioni o contraffazioni del documento.
Scattano poi le opportune verifiche sul profilo, verificando l’identità di chi scrive al fine di convocarlo in ufficio. A quel punto su di lui pende già la querela che gli agenti possono valutare se ritirare o meno. Ma i diffamatori devono chiedere apertamente scusa. Di solito questo avviene, in alcuni casi è accaduto anche tra le lacrime: «Io non pensavo... mi dispiace per quello che ho scritto... lo dicevo così per dire...». Preso atto del pentimento, la polizia locale invita il diffamatore a sottoscrivere una lettera di scuse che deve essere pubblicata sul social o su un quotidiano. In passato sulla rubrica “lettere al direttore” del nostro giornale avevamo già registrato una vera e propria sfilata di scuse.
«Ma c’è anche qualcuno - chiarisce il comandante della Polizia locale Perantoni - che non si pente. Abbiamo tre casi di gravi minacce che non possono essere archiviati con una semplice lettera di scuse, ma che dovranno approdare in tribunale».
I commenti dei lettori