False generalità ai carabinieri, un anno a Belfanti
Un anno di reclusione: è questa la condanna inflitta dal giudice a Piervittorio Belfanti, tornato ieri mattina sul banco degli imputati per rispondere di due distinti reati
MANTOVA. Un anno di reclusione: è questa la condanna inflitta dal giudice Chiara Comunale a Piervittorio Belfanti, tornato ieri mattina sul banco degli imputati per rispondere di due distinti reati. Un processo iniziato tardi per le difficoltà di spostamento degli avvocati. Quello per il quale è stato condannato riguarda le false generalità fornite ai carabinieri nel corso di un controllo (si sarebbe sostituito al fratello Pierfrancesco). Il pubblico ministero Alberto Sergi aveva chiesto due anni.
Belfanti su questa vicenda aveva, a suo tempo, voluto testimoniare. Al giudice aveva spiegato che i carabinieri, quando l’avevano fermato, non gli avevano chiesto come si chiamasse ma, basandosi sui documenti della targa di prova dell’auto, avrebbero invece chiesto i dati del fratello. E aveva confermato di non avere la patente, che gli era stata ritirata per due multe prese con l’ autovelox in Sardegna. «Ho cercato di farla franca - aveva detto - ma in seguito non ho avuto difficoltà ad ammetterlo. Quando mi hanno fermato sapevano chi ero. Dovevo andare a prendere mio figlio a scuola e il maresciallo mi ha lasciato andare. Quando quel giorno mi hanno chiamato in via Chiassi e sono andato subito». La difesa aveva poi sostenuto che il maresciallo non poteva non conoscere Piervittorio Belfanti al momento del controllo in quanto con lui aveva partecipato ad un appostamento.
Una linea di difesa che aveva avuto come obiettivo il mettere in forse la testimonianza del sottoufficiale. La prossima udienza si terrà tra quattro giorni.
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