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Stazione e corso Pradella: i cantieri ignorano i ciechi

La riqualificazione in piazza Don Leoni rimuove dall’atrio il percorso tattile. E nel corso non c’è dislivello tra marciapiede e strada: «Non ci hanno ascoltati»

di Igor Cipollina
2 minuti di lettura

MANTOVA. Il pavimento dell’atrio è liscio e lucido come una lastra di ghiaccio. L’ambiente è bello, un po’ freddo e troppo minimale forse, ma per una stazione ferroviaria va più che bene. Insomma, nulla da obiettare sull’estetica del luogo, però chiedetelo a un cieco cosa ne pensa della recente riqualificazione: tutto il male possibile, la risposta. Manca un dettaglio fondamentale, a solcare la lastra del pavimento non c’è alcun percorso tattile (secondo il sistema Loges). C’è sulle banchine e c’è fuori dalla stazione, ma s’interrompe sulla soglia delle porte automatiche, oltre non c’è nulla che orienti i disabili visivi verso la biglietteria, il primo binario e il sottopasso. C’era prima della riqualificazione e ora non c’è più. Quello della stazione di piazza Don Leoni è uno dei due esempi riferiti dalla presidente dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Mantova, Mirella Gavioli, per tracciare la differenza tra il contatto, il coinvolgimento e l’ascolto in tema di barriere architettoniche.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Palo della luce e palina Apam minacciano i disabili visivi]]

L’altro è quello di corso Vittorio Emanuele: Pradella la staranno pure facendo bella, ma per un cieco l’assenza di dislivello tra il marciapiede, la pista ciclabile e la strada è un pericolo grosso. In questo caso, l’Unione ciechi era stata contattata e coinvolta in fase di progettazione. È mancato il pezzo dell’ascolto.

Per la stazione di piazza Don Leoni non si è realizzato nemmeno il contatto: riferisce la Gavioli dei ripetuti tentativi di agganciare Centostazioni (società delle Ferrovie dello Stato), sia tre anni fa, all’epoca del primo cantiere, sia adesso che l’atrio è una distesa ostile. «Per sua definizione e natura, una riqualificazione dovrebbe abbattere le barriere – rileva la presidente dell’Uici – in questo caso, invece, sono stati tolti dei punti di riferimento. Prima degli ultimi lavori potevamo accedere alla stazione in modo autonomo e sicuro, adesso è un luogo impraticabile. O si arriva accompagnati, oppure si piomba nel disorientamento».

L’altra magagna si annida nel sottopasso, tutto specchi e led. Qui il percorso tattile è stato mantenuto, ma, in ossequio al biancore della nuova estetica, il contrasto con il pavimento è troppo debole: un guaio per gli ipovedenti sprovvisti di bastone, che necessitano di una traccia visiva forte a guidare i loro passi.

[[(gele.Finegil.Image2014v1) 01-A_WEB]]

E c’è anche un terzo dettaglio stonato, nel quale s’inciampa appena fuori dalla stazione, giù dalla scalinata per il passaggio pedonale, correttamente indicato dal Loges. Peccato che esattamente in mezzo affiori da terra un paletto. Se la sua funzione è facilmente intuibile – impedire che le auto s’infilino dal passaggio guadagnando la corsia di taxi e autobus – l’esito è infelice. E pericoloso.

[[(gele.Finegil.Image2014v1) BARRIERE1]]

Corso Pradella è a due passi da piazza Don Leoni, basta imboccare via Bettinelli, oppure tagliare da via Bonomi. «Siamo stati contattati e coinvolti a marzo di due anni fa, in fase di progettazione – ricorda la Gavioli – Incontrammo tre progettisti di una ditta esterna, il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune e un assessore. Oltre ai suggerimenti offerti in tempo reale da un nostro architetto specializzato in barriere, ci siamo resi disponibili a mantenere un confronto aperto, per ottimizzare i lavori a beneficio dei disabili visivi». 

[[(gele.Finegil.Image2014v1) BARRIERA2]]

E invece? «Allo stato attuale, nella metà di corso completata, ci siamo resi conto che le soluzioni non risponderebbero ai requisiti di accessibilità, autonomia e sicurezza. Il cambio di pavimentazione tra marciapiede, pista ciclabile e strada? Non basta, non è percettibile, ci vorrebbe un piccolo dislivello intercettabile col bastone». Ci vorrebbe.

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