Cgil contro l’accordo Lidl: «Cambia solo in peggio»
Assemblee nei punti vendita mantovani: «Non accettate il contratto integrativo». Il sindacato boccia il patto firmato da Cisl e Uil e punta alla riapertura del tavolo
MANTOVA. Per Cisl e Uil «implementa e rafforza il sistema di relazioni sindacali, con l’attivazione del confronto a livello regionale e l’estensione dei diritti sindacali». Per la Cgil al contrario «toglie diritti» e «peggiora le condizioni di lavoro». Il nodo da sciogliere riguarda 13mila addetti di Lidl Italia, di cui un centinaio nel Mantovano: si tratta del rinnovo del contratto integrativo nazionale, scaduto nel 2012, per i dipendenti del gruppo tedesco della grande distribuzione organizzata presente con 600 punti vendita in Italia di cui una decina nella nostra provincia.
Siglato a inizio marzo da Fisascat Cisl e Uiltucs, la Filcams Cgil non ha invece firmato e ora punta a ottenere la riapertura del tavolo con azienda e altre sigle sindacali. «Stiamo organizzando assemblee nei punti vendita - racconta David Gabrielli di Filcams Cgil Mantova - per spiegare ai lavoratori la nostra posizione, illustrare dove questo integrativo peggiora le loro condizioni e invitarli a non accettarlo chiedendo all’azienda che non venga applicato e il ritorno al tavolo delle trattative».
Ma ecco i contenuti dell’accordo visti dai due fronti.
«La nuova organizzazione del lavoro contempla l’introduzione della programmazione plurisettimanale degli orari di lavoro - si legge in una nota diramata nei giorni dell’accordo dalla Fisascat nazionale - e la volontarietà della prestazione domenicale, in base al principio dell’equa ripartizione, retribuita con una maggiorazione del 135%. La vera novità riguarda il monitoraggio sperimentale per sei mesi del lavoro supplementare per i lavoratori con contratto di lavoro part-time che, su base volontaria, potranno incrementare la prestazione settimanale di 5 ore ».
Dal canto suo la Cgil fa presente che «per l’orario di lavoro la prassi aziendale prevede la predisposizione degli orari di lavoro almeno per tre settimane», che per il lavoro domenicale «in assenza di adesioni volontarie, è prevista la programmazione, gestita unilateralmente dall’azienda, in considerazione del criterio dell’obbligatorietà» e che il pagamento del lavoro domenicale maggiorato del 135% era già riconosciuto dal 2012.
Nell’accordo non vengono poi, secondo il sindacato di via Altobelli, «limitate le motivazioni per cui l’azienda possa fare ricorso alle cosidette “missioni”, istituto oggi abusato», non verrebbe specificato quanto tempo prima il lavoratore debba essere avvisato della variazione temporanea del luogo di lavoro e «non c’è alcun miglioramento per il rimborso chilometrico».
Per quanto riguarda il part time secondo la Cgil è «una sorta di sperimentazione, che coinvolge un numero limitato di lavoratori, per un aumento di ore settimanali non certo rilevante, al quale si aggiunge, in modo del tutto negativo e penalizzante, quanto preteso dalla Lidl in materia di flessibilità». Flessibilità definita «incontrollata o meglio, controllata solo dalla Lidl che ha la possibilità di variare il numero delle ore lavorate settimanale».
Altro pollice verso per il salario: ai dipendenti «nonostante lo straordinario andamento aziendale, vengono riconosciuti salari che si attestano soltanto sui minimi retributivi previsti dal contratto collettivo nazionale». Infine in tema di unioni civili, ferie, permessi, nascita del figlio e assenze per gravi malattie «non si fa altro che trascrivere, senza alcun miglioramento, quanto già disciplinato dalla legge». (m.v.)
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