Italiano per stranieri. In cattedra gli studenti
I liceali del Virgilio insegnano ai 130 migranti della Scuola senza Frontiere. Erika: «Sono più motivati di noi a imparare, per loro la lingua è fondamentale»
MANTOVA. Per loro non è soltanto questione di studio, da affrontare più o meno svogliatamente, scaldando il banco o con la risposta pronta tra le labbra. Per loro è questione d’orientamento e sopravvivenza, prima ancora che d’integrazione. Così per i 130 profughi e stranieri che frequentano la Scuola senza Frontiere, adulti, ma anche ragazzi, in fuga da violenza e miseria, ognuno con la propria storia interrotta, ognuno deciso a riannodarne i fili in un’idea altra di presente e di futuro.
[[(gele.Finegil.Image2014v1) 01_WEB]]
Si sono lasciati alle spalle l’Africa, l’Afghanistan, il Bangladesh, qualcuno ha salutato anche il Brasile in cerca di fortuna, in direzione contraria rispetto ai nonni: a Mantova hanno trovato i volontari di questa scuola ostinata e speciale, che da 16 anni fa una cosa rivoluzionaria nella sua semplicità. Predica la lingua come strumento d’inclusione, insegnando a questi adulti e ragazzi a sentirsi un po’ meno stranieri, bucando dalla loro bolla d’altrove. Anzi, fa di più, perché grazie ai progetti di alternanza scuola-lavoro connette i profughi ai nostri studenti. In un cortocircuito di storie e sentimenti che fa bene a tutti. Così per Erika, Darius, Francesco, Matilde, Laura e Sabotina del liceo Virgilio.
Nella nuova sede di vicolo San Paolo, alle spalle del duomo, dove la Scuola senza Frontiere ha traslocato da qualche mese, si respira un’atmosfera vivace, c’è un via vai di gente che ad ogni apertura di porte lascia entrare una folata di mondo. Ma nelle aule c’è un silenzio attento: la lezione al primo piano è dedicata all’imperativo di rispetto e cortesia «che noi utilizziamo dal dottore». Domanda: se tu fossi il dottore cosa consiglieresti a una persona che fuma troppo, è stressata e dorme male? «Faccia yoga» suggerisce una voce dalle ultime file. «Non pensare» interviene un altro, qualche banco più avanti. Zittisci la mente e la memoria, una lezione che molti tra questi ragazzi devono aver imparato in fretta.
Al piano terra Erika e Francesco stanno parlando dei verbi che esprimono desiderio, obbligo e permesso. Volere, dovere, potere. Una cosa è certa, i due studenti del Virgilio sembrano trovarsi proprio nel posto in cui vogliano stare. Nel loro caso il desiderio combacia con l’obbligo.
«Le prime lezioni, a febbraio, sono state difficili, adesso va meglio – racconta Erika, 17 anni – Si respira una grande voglia d’imparare, questi ragazzi sono più motivati degli studenti italiani, per loro la conoscenza della lingua è fondamentale». Erika parla anche per esperienza personale, a Mantova è arrivata cinque anni fa, dalla Russia, e adesso parla un italiano caldo e ricco. Per Francesco, (quasi) 17 anni, si tratta di un esercizio importante, di metodo e sentimento: «Insegnare a questi ragazzi mi permette sia di mettermi nei panni dei prof, sperimentando l’altra parte della cattedra, sia di entrare in contatto con persone in difficoltà, con le loro storie di dolore. Sto imparando anch’io da loro». Significa forse che Francesco continuerà a esercitarsi anche dopo la fine del progetto di alternanza? «Sicuramente». Più desiderio che obbligo.
Igor Cipollina
I commenti dei lettori