Donna morì a 38 anni dopo l’operazione. I parenti presentano appello dopo 10 anni
Equipe del San Pellegrino assolta e risarcimento di 860mila euro negato. Ma i familiari proseguono la causa: chiediamo giustizia per la nostra cara
CASTIGLIONE DELLE STIVIERE. Era morta a 38 anni nel 2008 dopo un intervento programmato di asportazione di una parte dello stomaco . Un’operazione per asportare chirurgicamente un’ulcera incurabile nel corso della quale era però stata inavvertitamente perforata la colecisti. Nonostante due ulteriori interventi, la donna dopo un mese era spirata. Dopo che un procedimento penale a carico dei medici si è concluso con la sentenza di “non luogo a procedere” in sede di udienza preliminare, i familiari della donna hanno avviato una causa civile di risarcimento che ora, a dieci anni dall’evento luttuoso, non si è ancora conclusa. Il rigetto della richiesta di un indennizzo di 860mila euro non chiuderà l’annosa vicenda perché contro questa sentenza è stato proposto ricorso in Appello, La prima udienza è stata fissata per il prossimo 5 dicembre.
Tutto prende le mosse nel settembre del 2008. La donna, di origini indiane, Siyamala Ravichandran, dopo essersi inutilmente curata per un’ulcera gastrica, accetta di sottoporsi ad un intervento chirurgico. L’operazione viene eseguita il 18 settembre al San Pellegrino di Castiglione da una équipe medica di primo piano: il dottor Roberto Boccia e il collega Roberto Chiodaroli. L’intervento ha esito positivo, ma viene perforato un organo vicino, la colecisti. La donna viene nuovamente operata per una pancreatite e poi sottoposta ad un terzo intervento. Le sue condizioni peggiorano e viene quindi trasferita in Rianimazione a Verona, dove morirà il 19 ottobre. Come prassi, viene disposta l’autopsia. Il marito viene indennizzato, nel frattempo parte un procedimento penale che si conclude nel 2013 con una sentenza di “non luogo a procedere” poiché nella condotta dei medici non si ravvisa «nessuna imperizia e men che meno imprudenza o negligenza».
Ma per i famigliari questo non basta «Vogliamo giustizia» hanno chiesto al loro legale. Intentano una causa civile che chiede al San Pellegrino un risarcimento di quasi 900mila euro. Il giudice civile si trova di fronte due relazioni tecniche opposte: un accertamento tecnico preventivo per il quale viene riconosciuta la colpa dei sanitari ed un’indagine peritale chiesta dalla Procura che invece esclude ogni responsabilità dei medici. Per questo incarica un proprio consulente che, restituendo l’incarico per l’incompletezza delle documentazione. Scrive comunque che non ritiene vi siano responsabilità mediche. Dopo 5 anni di processo e 4 cambi di giudice, lo scorso 4 giugno arriva la sentenza che rigetta la richiesta di risarcimento ed anzi accolla le spese processuali ai famigliari della donna. Che non soddisfatti, nonostante le due sentenze a loro sfavorevoli, hanno deciso si presentare appello alla Corte di Brescia nel tentativo di ribaltare l’esito.
Francesco Romani
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