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Padre e figlio condannati: un’industria della marijuana

Otto mesi di reclusione al genitore 71enne, pena sospesa. Tredici mesi al secondo che dovrà scontarli agli arresti domiciliari

Giancarlo Oliani
1 minuto di lettura

OSTIGLIA. Padre e figlio di Ostiglia erano stati arrestati dai carabinieri per aver messo in piedi una piantagione di marijuana. Ieri mattina il giudice per l’udienza preliminare Gilberto Casari ha condannato il primo, Giorgio Rigoni di 71 anni, a otto mesi di reclusione e a 1.800 euro di multa (pena sospesa) e il secondo, Luca Rigoni, di 45 anni, a un anno, un mese e dieci giorni di reclusione che quest’ultimo dovrà scontare ai domiciliari.

Nella loro casa, una bella villetta alle porte di Ostiglia, i due avevano messo in piedi una coltivazione di marijuana a livello quasi industriale.

I carabinieri, ai primi del maggio scorso, sotto la direzione del maresciallo Niccolò Genchi avevano sequestrato cinque chili di marijuana già sminuzzata e pronta per essere spacciata (che al dettaglio, a dieci euro il grammo, avrebbe portato a ricavi di 50mila euro), 116 piante con le infiorescenze pronte per essere recise.

E ancora 5.050 euro in banconote, probabile frutto di vendita della sostanza stupefacente, oltre a tutta l’attrezzatura che serve alla produzione ed al confezionamento della droga.

Il blitz era scattato una domenica mattina, ma erano ormai quasi cinque mesi che i militari della stazione di Ostiglia sacrificavano anche il loro tempo libero dedicandolo in abiti borghesi ai due sospetti spacciatori.

Due incensurati, due insospettabili che, approfittando del fatto di vivere in una villetta lontana da occhi indiscreti alla periferia del paese, avevano scelto questa nuova forma di business redditizio.

I carabinieri di Ostiglia, appena fatta irruzione - superando anche l’ostacolo di due grossi cani da guardia in giardino - si sono trovati di fronte ad una vera e propria struttura di livello quasi industriale.

La casa era strutturata su tre piani, ed ogni piano aveva una sua funzione: nel seminterrato venivano depositati il fertilizzante e i vasi, e c’era una saletta dedicata all’ invasatura dei semi ed alla prima crescita.

Una volta raggiunta la maturità e quindi l’infiorescenza, le stesse piante venivano trasportate al primo piano dove una stanza ospitava il sistema di ventilazione calda ed areazione che ne permetteva l’ulteriore crescita ed aumento del principio attivo contenuto nelle infiorescenze.

Anche se, dalle analisi fatte successivamente, la concentrazione del principio attivo era risultata piuttosto bassa.

Un’altra stanza era adibita al taglio dei fiori ed al loro sminuzzamento in base al tipo di varietà di marijuana coltivata.

I due arrestati erano stati richiusi nel carcere di Mantova. Convalidato il loro arresto, il giudice aveva disposto per il figlio 45enne i domiciliari che sta ancora scontando.


 

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