Giro d’Italia sui pedali: «Pronta a fare da guida agli altri cicloturisti»
Antonia ha percorso 2.600 chilometri lungo le coste: «Paura? Mai, anche se ci ripetono che la gente è ostile»
Igor CipollinaMANTOVA. 22 maggio: lo scatto la ritrae in piazza Erbe, la rotonda sullo sfondo e un cielo color canna di fucile a minacciare pioggia. La bicicletta carica per il viaggio. Lei con le braccia alzate in segno di vittoria. 28 agosto: Antonia Araldi guarda dritto in camera mentre addenta soddisfatta la patata allo zabaione della Tur dal Sucar, via San Longino. Vicino, sì, ma per arrivarci Antonia ha dovuto percorrere 2.600 chilometri sui pedali. Andata tirrenica, ritorno adriatico. Da sola.
«Un viaggio lento, di esplorazione del paesaggio che cambia e del sentimento del nostro paese verso i cicloviaggiatori» annotava prima della partenza. «Prima di tutto è stato un viaggio liberatorio – racconta adesso Antonia, 32 anni, architetto e operatrice culturale – percorrendo la Francigena mi sono sentita in armonia con l’universo. La bici è il mezzo perfetto per riappropriarsi degli spazi e delle relazioni. Viaggiando da sola, ogni incontro ha un valore umano». Tre mesi dopo, è tornata con gli occhi colmi di mare e quattro quaderni pieni di idee. Lento è stato lento, il viaggio di Antonia, che in Sicilia è rimasta un mese. L’urgenza di andare, muoversi, vedere le ha fatto accorciare l’esperienza del campo antimafia a Corleone, ospite in una casa confiscata a Riina e al lavoro nei terreni del “papa” Michele Greco. Per il resto ha dormito in tenda, accolta dalle persone che le hanno aperto casa e dai cicloturisti della comunità Warm Showers.
A proposito, qual è il sentimento del paese? «Premesso che da Roma in giù ne ho incontrati solo quattro, di cicloviaggiatori, ho verificato che una ciclovia delle coste italiane è possibile, basterebbe connettere le strade secondarie che già ci sono. Chissà, magari l’anno prossimo potrei rifare il viaggio proponendomi come accompagnatrice. I cicloviaggiatori non sarebbero obbligati a fare tutto il percorso, potrei organizzare il viaggio per tappe». Una giovane donna da sola per le strade secondarie, possibile che non abbia mai provato paura? «No. Ci mettono in testa che l’altro è ostile, ma ho incontrato persone gentili. La mattina presto, quando mi mettevo sui pedali, il primo saluto era quello dei migranti che usavano la bici per andare al lavoro». —
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