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In tre a processo per la bancarotta da 2,6 milioni

Sono stati rinviati a giudizio gli amministratori di un’immobiliare che è anche impresa edile. Rischiano fino a dieci anni

Giancarlo Oliani
1 minuto di lettura

CURTATONE. Sono accusati d’aver fatto sparire due milioni e 655mila euro dai conti della società di cui erano amministratori. Somma sottratta al fallimento della Nuova B srl, con sede a Curtatone. Ieri mattina, 18 settembre, il giudice per l’udienza preliminare Gilberto Casari ha rinviato a giudizio tre persone con l’accusa di bancarotta fraudolenta.

La grossa somma di denaro è sparita tra il 2005 e il 2007. A finire nei guai Luigi Berardi, legale rappresentante della società, 47 anni, di Mesoraca in provincia di Crotone, la moglie Mariangela Lavigna, di 44 anni, e Gaetano Muto, 39 anni di Crotone, amministratore di fatto della società.

La ditta era un’immobiliare ma anche impresa edile. Nel giro di due anni, secondo la procura, avrebbe fatto sparire dai conti dell’azienda due milioni e 650mila euro, attraverso una serie di prelievi di cui il curatore fallimentare non ha trovato motivazione. Da qui l’indagine della Guardia di Finanza che ha portato il rinvio a giudizio. La prima udienza è stata fissata al 6 maggio prossimo.

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se dichiarato fallito, l’imprenditore che ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti.

Per chiarire, distrarre beni significa escluderli in qualche modo dal proprio patrimonio; occultare implica il tenere nascosti i beni affinché gli organi della procedura fallimentare non ne apprendano l’esistenza; dissipare va inteso nel senso di sprecare, sperperare.

L’esposizione o il riconoscimento di passività inesistenti significa mascherare la reale dimensione patrimoniale dell’impresa.




 

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