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Cantone: «In Italia la corruzione è ancora troppo sottovalutata»

Il presidente dell’Anac: la trasparenza deve essere assoluta E la tragedia del ponte Morandi a Genova è lì a ricordarcelo

Rita Lafelli
1 minuto di lettura

GAZOLDO DEGLI IPPOLITI. «La pubblica amministrazione deve operare come una casa di vetro, perché, nell’ambito della prevenzione dei fenomeni di corruzione, i cittadini sono i migliori controllori. Il loro sguardo è un strumento potentissimo, che nessun agente sotto copertura è in grado di eguagliare». Ospite d’eccezione della quarta giornata di Raccontiamoci le mafie, il presidente dell’Anac (Autorità nazionale anticorruzione) Raffaele Cantone ha spronato lo Stato ad adoperarsi per favorire la trasparenza.

«Finché non passerà il concetto che chi esercita una funzione pubblica deve operare nell’esclusivo interesse dei cittadini non andremo da nessuna parte – ha detto – In questi anni sono stati fatti molti passi avanti, ma non dobbiamo dare niente per scontato, perché l’Italia è un paese che si comporta come Penelope: di giorno tesse una tela e di notte la disfa».

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Rispondendo alle domande del docente universitario Alberto Vannucci, Cantone ha posto l’accento sull’importanza di combattere la disonestà. «Purtroppo siamo abituati a sottovalutare la corruzione, perché, a differenza della mafia, ha effetti meno vistosi nell’immediato. A lungo termine, però, provoca conseguenze enormi – ha sottolineato – La corruzione vanifica la concorrenza, fa fuggire le imprese migliori e porta ad avere infrastrutture carenti e poco sicure. Chi vince un appalto pagando una tangente, risparmia sui materiali e sulla manodopera».

Cantone ha poi toccato un tema doloroso e di stretta attualità. «Parecchi mesi prima che crollasse il ponte Morandi, un deputato segnalò che gli era stata negata la possibilità di vedere le concessioni della società autostrade. Facemmo una verifica e constatammo che in effetti non erano mai state rese pubbliche. Dopo il nostro intervento il ministero dei trasporti le pubblicò, ma evitò di inserire il piano economico finanziario, sostenendo di aver ricevuto una diffida. Insistemmo, dicendo che tutto doveva essere svelato, ma alla fine ci sono voluti 43 morti prima di poter vedere pubblicati gli atti completi. La vicenda di Genova dimostra quanto sia importante la trasparenza».

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