Dal ’43 nessuna traccia: i fratelli cercano Antonio scomparso al fronte
Le ultime notizie di Papotti risalgono al fronte russo. Era un alpino della Tridentina: i famigliari hanno chiesto la morte presunta
Sabrina PinardiCASTEL GOFFREDO. Quando è partito era poco più che ragazzino, magro e allampanato come tanti giovanotti del tempo. Antonio Papotti era partito per dovere per una guerra più grande di lui, della quale forse non conosceva nemmeno bene il senso, per quanto senso una guerra possa avere. Prima di andarsene da Castel Goffredo, lavorava nei campi nell’azienda di famiglia. Ma poi se ne era andato al fronte, e di lui non si sono più avuto notizie. Le ultime informazioni risalgono al gennaio del 1943, quando la divisione Tridentina, la sua divisione degli alpini, combatteva in Russia.
A 75 anni da quel vuoto, ora i suoi fratelli che ancora sono in vita vogliono sapere cosa gli sia successo. Se sia tra i caduti o se sia riuscito a mettersi in salvo. «Eravamo in dieci fratelli e siamo rimasti in cinque. Abbiamo deciso che era tempo di conoscere la sorte di Antonio» racconta il fratello Bruno, 73 anni, il più giovane dei cinque.
Bruno, quel fratello partito per il fronte non ha fatto in tempo a incontrarlo. La guerra gli ha portato via anche questo privilegio. «Quando se n’è andato io non ero ancora nato, ma sentivo molto parlare di lui. Sappiamo che è quasi impossibile trovarlo ancora in vita, perché adesso avrebbe 98 anni, ma non vogliamo lasciare nulla di intentato. Se c’è anche soltanto una possibilità, ci dobbiamo provare» va avanti Bruno, che sul finire degli anni ’50 si è trasferito a Milano, a lavorare in un’azienda come operaio, e al paese è ritornata negli anni ottanta.
Le ricerche di Antonio vanno avanti da qualche mese: i fratelli, e i rispettivi figli, si sono messi sulle sue tracce all’archivio di Mantova e a Roma e hanno fatto la richiesta per la dichiarazione di morte presunta. Ma quelle tracce a un certo punto si interrompono. Stando ai pochi documenti recuperati, si sa che prima di partire per la campagna di Russia era stato a Verona. Poi nel luglio del 1943 la sua divisione ricevette l’ordine di trasferimento sulle rive del Don, a difendere l’ultimo scampolo di fronte sul quale l’esercito italiano era stato spinto da Mussolini.
In Russia Antonio lavorava all’ospedale da campo: non era un medico ma sapeva fare di tutto. Aiutava i medici, se c’era bisogno faceva l’infermiere, ma se la cavava anche come elettricista e come meccanico. Di lui si sono perse le tracce qualche giorno prima della battaglia di Nikolaevka, combattuta il 26 gennaio del 1943, in cui ciò che rimaneva delle forze italiane, ungheresi e tedesche, provate dai colpi del nemico e dal gelo dell’inverno russo, dovettero scontrarsi con alcuni reparti dell’Armata rossa.
Quella battaglia costò al corpo degli alpini migliaia di caduti. E l’intera campagna fu una carneficina: degli uomini della Tridentina solo un terzo riuscì a rimpatriare. La speranza dei fratelli Papotti è che tra questi ci sia Antonio.
I commenti dei lettori