All’Itis si gioca a fare impresa: e la bioplastica vola in Cina
Mantova, dai banchi del Fermi alle startup innovative: così la scuola diventa incubatore di progetti. Arianna, Matteo e Alessio spopolano con la pellicola che si scioglie nell’acqua
Igor Cipollina
All'Itis Fermi di Mantova progettata la bioplastica SweetPaper
MANTOVA. «Se giochi a fare il genio, poi lo diventi». Il prof Mauro Grandi (tecnologie chimiche industriali) si rotola in bocca le parole di Salvador Dalì, assaporandone il gusto. No, il genio in questione non è lui, e la citazione non si applica nemmeno ai suoi colleghi. Il talento è quello degli studenti, la loro freschezza, lo sguardo obliquo con cui affrontano i problemi applicativi. Mobilità, ambiente, risparmio energetico, sicurezza alimentare. La chiave del gioco è quella giusta: «Aiuta noi a essere meno cattedratici ed è più accattivante per i ragazzi» assicura Grandi.
Insomma, all’Itis Fermi i prof giocano con il genio degli studenti, sollecitandoli a confezionare progetti che poi girano il mondo, tra fiere e concorsi, e spesso finiscono col camminare sulle gambe di chi li ha realizzati, fuori dal perimetro e dai cancelli del Fermi. Vedi alla voce “startup innovative”. Così la scuola si fa incubatore d’impresa, in senso didattico, agganciando l’orizzonte del lavoro. Alla faccia di chi tuona contro una scuola astratta e ombelicale.
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L’ultimo progetto che sta viaggiando alla grande, conquistando ammirazione e consensi ovunque vada, è quello della bioplastica SweetPaper, un imballaggio alimentare idrosolubile da collocare in un involucro secondario biodegradabile. Del tipo che puoi buttare la confezione di spaghetti nell’acqua così com’è, confezione (primaria) compresa. E addio inquinamento. Il tutto inserito nella schema delle Imprese formative simulate, modello che fissa le regole del gioco.
Le Imprese formative simulate
Il gioco funziona così: tu prof offri agli studenti le coordinate, il problema applicativo da risolvere/disinnescare, circoscrivendo la mission dell’azienda. Il passo successivo è la creazione dell’impresa, da registrare sul portale dedicato del ministero dell’Istruzione, con tanto di partita Iva virtuale. La simulazione, totale, prevede anche la definizione di un organigramma e l’assegnazione delle cariche sociali. Meglio di un gioco di ruolo.
«All’inizio del terzo anno si dà ai ragazzi un’idea e li si lascia liberi di svilupparla – racconta Monica Valli, che insegna chimica analitica strumentale – Lo ammetto, sotto il profilo dell’innovazione sono più avanti di noi prof». Il “noi” comprende il terzo insegnante del team, Carlo Sai (chimica organica).
Il caso SweetPaper
Nel caso della bioplastica la consegna era quella di realizzare un imballaggio alimentare compostabile o idrosolubile, a vantaggio dell’ambiente. Con la prospettiva di sviluppare il prodotto anche per altri usi: come pellicola protettiva per il cellulare, ad esempio. «Per un anno abbiamo fatto test su test, fino a individuare i due materiali migliori, entrambi a base alimentare: l’alginato di sodio per l’involucro primario, l’agar-agar per quello secondario» ricostruisce Arianna Dal Frà, 18 anni di Villimpenta, che sta portando avanti il progetto SweetPaper insieme a due compagni dell’indirizzo di chimica, materiali e biotecnologie (CCH): Matteo Tavelli, di Solferino, e Alessio Piva, di Goito. Oggi al quinto anno.
La Cina è vicina
Fatti i test e individuati i materiali migliori, il progetto della bioplastica made in Fermi comincia a viaggiare. In principio è la Maker Faire di Roma, vetrina dell’innovazione mondiale, dicembre 2017, quindi, lo scorso marzo, il progetto merita di partecipare al concorso europeo i Giovani e le Scienze di Milano. Gli studenti del Fermi si difendono bene, al punto da meritare il pass per il China adolescents science and technology innovation contest (Castic), a Chongqing, in agosto. E anche qui è un successo: Arianna e Matteo meritano il secondo premio (un inciampo burocratico ha tenuto a casa Alessio, all’epoca non ancora 17enne).
All’esperienza cinese si deve anche il cambio del nome del progetto, che da startup potrebbe chiamarsi MaoPlast. Mao è un acronimo – material application original (palstic) – ma richiama anche il nome del prof Grandi e, soprattutto, le tre ore di coda affrontate per visitare il mausoleo di Mao Tse-tung. E in Cina i ragazzi potrebbero presto tornare come concorrenti di una sfida televisiva tra due innovazioni scientifiche. Ognuno ha i programmi che si merita. La prossima tappa? L’Expo Science Belgio.
Come digerire la plastica
In attesa di scoprire se MaoPlast diventerà o meno una startup, altri studenti del Fermi stanno già lavorando a un altro progetto, questa volta per la biodepolimerizzazione della plastica che inquina. Ovvero, come distruggere i sacchetti per via biologica: dal petrolio alla natura. Sembra quasi magia.
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