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Ancora un colpo in banca, al nonno rapinatore altri 7 anni di carcere

Condannato a Cremona un 67enne pregiudicato di Mantova: una telecamera riprese la sua Ford Fiesta dopo l’assalto a Piadena

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MANTOVA. La prima condanna a suo carico risale a quarant’anni fa. Ed era soltanto l’esordio di una carriera di rapinatore di banche mai abbandonata, nonostante la valanga di guai giudiziari e tutti gli anni trascorsi in carcere. Il nonno dei rapinatori mantovani, Maurizio Bertani, 67 anni, detto Nino, ieri è stato nuovamente condannato, stavolta per un colpo alla filiale di Piadena di Banca Intesa San Paolo messo a segno il 21 agosto dell’anno scorso. Ieri il tribunale di Cremona gli ha inflitto sette anni di reclusione e duemila euro di multa. A inchiodarlo è stata la sua Ford Fiesta. L’auto utilizzata per la rapina era in realtà una Lancia Libra rubata a San Giovanni in Croce, ma il fatto è che le immagini di una telecamera di sorveglianza aveva inquadrato il momento in cui i banditi avevano cambiato l’auto.

I due amici mantovani, e compari di rapina in altre occasioni, Sandro Calderoni, 62 anni, di Suzzara, e Vittorio Chiodi, 68 anni, di Mantova, sono invece usciti puliti dalla vicenda della rapina di Piadena: in un primo tempo indagati, sono stati prosciolti dalle accuse in udienza preliminare. Il giudice nel loro caso non ha ritenuto sufficienti gli indizi: a casa di Calderoni i carabinieri avevano trovato delle paia occhiali da sole simili a quelli indossati dai rapinatori e in un armadio dell’appartamento di Chiodi alcune parrucche e dei guanti di lattice, anche in questo caso in apparenza identici a quelli dei banditi. Per il resto non c’era molto che collegasse i due vecchi amici di Bertani al luogo della rapina, compresi i fotogrammi delle telecamere, da cui non è stato possibile identificarli.

Maurizio Bertani e i due complici, rimasti ignoti, erano entrati nella banca di Piadena armati di coltello di ceramica, passato al metal detector senza far scattare l’allarme. Il bottino era stato comunque molto scarso: la cassaforte era temporizzata e in cassa c’erano solo poco più di 500 euro e una piccola somma in corone ceche.

Tra gli ultimi colpi attribuiti a Bertani quello portato a termine da quattro banditi il 10 giugno del 2011 a Treviso, in un’agenzia della Banca Popolare di Vicenza. Tre banditi erano entrati, travisati con parrucche e occhiali e armati, ancora una volta, di coltelli in ceramica. Poi erano scappati a bordo di una Fiat Uno, guidata da un complice e rubata lo stesso giorno nella zona. A inguaiare il rapinatore mantovano era stato, a due anni di distanza, l’esame del Dna su un cerotto insanguinato rinvenuto sull’auto usata nella rapina.
 

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