Busca: a Natale donate attenzione e connessione
Il messaggio del titolare della Diocesi di Mantova in occasione delle festività
Marco Busca *MANTOVA. Del presepe di Natale mi sorprende il miracolo che tutti sono attenti. Lo sguardo di Maria è fisso sul Bambino; dietro c’è Giuseppe che vigila per proteggere due esistenze fragili; i pastori mentre sorvegliano il gregge si fanno attenti alle parole dell’angelo; lo scrutare attento dei Magi scorge la cometa. La notizia ha colto tutti a distanza, poi hanno fatto strada per creare un contatto reale con il corpicino di Gesù.
Queste due parole, attenzione e contatto, mi suggeriscono una riflessione su come viviamo le relazioni nell’era del digitale, dei media e dei social. Siamo consapevoli delle straordinarie potenzialità che la rete di Internet offre ai moderni per la quantità e la velocità con cui fa circolare le notizie. Chi naviga nel Web estende a dismisura la sua percezione delle cose. Tuttavia rimane un problema acuto: il codice digitale mette tra parentesi il corpo nella relazione tra i soggetti.
Gli studiosi analizzano gli effetti negativi di questi mezzi che, mentre moltiplicano le connessioni virtuali, introducono in un sistema di relazioni potenzialmente astratte. Chi si intende di dipendenze tecnologiche riferisce il dato di ragazzi iperconnessi (tra gli 11 e i 26 anni) che spendono online tra le quattro e le sei ore, con punte che superano le dieci ore (il 13% degli intervistati). Dov’è la loro testa, nel tempo e nello spazio? L’iperconnessione rischia di s-connetterci da un rapporto reale con il tempo che si iscrive dentro i cicli naturali fatti di ore e di giorni, della scansione di giorno e notte; così la vita perde il suo ritmo e la durata delle cose è sacrificata in favore dell’istante.
La rete sembra abolire le distanze e farci “sentire a casa” nella community a cui si appartiene, ma a ben guardare l’effetto è quello di distruggere l’esperienza della vicinanza effettiva.
La community ti offre la possibilità di costruirti un’identità di immagine ma non mette in gioco relazioni personali e dunque corporee, vere, calde, a tu per tu. Anzi, il rischio è di appiattire le relazioni tra uguali: si incontra il simile, il consumatore, gli “amici” che condividono le stesse opinioni e che si inondano di “like”. Ma questa è una superalimentazione del narcisismo che è la malattia più diffusa nel nostro tempo. La tecnologia informatica può creare, infatti, una malsana attenzione verso la propria immagine, creando persino una falsa identità che finisce per piacerci più di quella vera. Per questo Natale vorrei augurarvi una buona dose di quell’antivirus a ogni forma di vita spersonalizzante che si chiama “attenzione”.
Essere attenti anzitutto a se stessi, secondo l’antico adagio “conosci te stesso”. Rimani connesso alle tue profondità, “raccolto” nel tuo centro, capace di ascoltare le risonanze interiori delle esperienze che fai, di riflettere sui bisogni e non essere impulsivo. Rimani connesso alla natura, ti aiuterà a non confondere il virtuale con il reale; l’impatto diretto con la materia, che è realtà viva, ti aprirà a dimensioni spirituali che neppure immagini e ti consentirà di rivivere certe sensazioni quando guardi filmati e documentari disponibili sul Web. Sii attento a interpretare la mole enorme di immagini che la Rete ti offre e ti aiutano a “immaginarti”: sono cariche di valenza simbolica positiva ma anche di ambiguità nocive.
Vorrei fare un elogio della persona attenta. È l’unica che non si allontana mai da quello che sta facendo, è tutta presente nell’istante, a vantaggio anche della sua salute psichica. Solo chi è attento è capace di apprezzamento del reale. San Benedetto diceva di trattare tutti gli arnesi da lavoro e gli oggetti con la stessa cura dovuta ai vasi sacri dell’altare. L’attenzione ci aiuta a sviluppare una sensibilità al fatto che tutto ciò che esiste è potenzialmente sacro.
Solo chi è attento ai suoi sensi è capace di concentrarsi su ciò che vive e di vedere, sentire, gustare, toccare ciò che sperimenta. Essere completamente attento lo aiuta a sentirsi totalmente connesso alla vita. E finalmente arrivo al succo del discorso: ci sono dei messaggi che nessun social può captare e decifrare, sono le intuizioni del cuore degli altri. Per percepirle occorrono: presenza fisica, dare tempo, regalare attenzione. Questo ce lo chiedono anche i giovani e mi piace citare il profondo messaggio con cui gli studenti del Liceo Virgilio hanno espresso il significato dell’innaffiatoio per irrigare l’ulivo piantato nel cortile della scuola media a ricordo del loro compagno Leonardo: «Dicono che gli alberi quando si sentono attaccati, per chiedere aiuto, sprigionino onde luminose talmente impercettibili da poter essere notate solo con una sensibilità particolare. Dobbiamo dunque imparare a cogliere le onde di ognuno di noi».
Se i Magi e i pastori si fossero limitati ad ascoltare le notizie circa la nascita di Gesù erano già una community. Ma solo il desiderio di un incontro fisico, a tu per tu, li ha fatti diventare una comunità attorno a quel Bambino che hanno visto con i loro occhi e toccato con le loro mani provando una grandissima gioia. I social sono utili nella misura in cui favoriscono i nostri incontri “incarnati” con le persone. Non posso dire se Gesù, nascendo oggi, aprirebbe un profilo Facebook o un indirizzo email; quello che è certo è che non gli è bastato un incontro a distanza, si è incarnato. Cari amici, spero che il Natale vi trovi attenti o vi renda attenti. Vi auguro tanto bene.
* vescovo di Mantova
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