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Argini: ultimi rialzi, poi si studierà come far tracimare sotto controllo il Po

Mazzali e Forattini protestano: «Soluzione impensabile». La replica della Regione: «Coinvolgeremo i territori»

Francesco Romani
2 minuti di lettura

MANTOVA.  Cade il tabù dell’invalicabilità degli argini maestri, considerati le ultime difese per contenere le acque dei fiumi. Partendo dal fatto che gli argini sono sicuri, anche se è impossibile rialzarli ancora. Ma se oggi l’acqua li sommerge possono crollare, causando enormi disastri. Da qui l’intenzione di studiare forme controllate di “tracimazioni”, individuando punti dove in caso di piena eccezionale, far liberare piccole quantità di acqua sacrificando porzioni di campagne, mantenendo però solido l’argine, attraverso accorgimenti tecnici che si andranno a studiare nei prossimi anni con delle sperimentazioni.

L’ ipotesi fa parte del progetto da 15 milioni pagato dalla Regione e gestito dall’Aipo che prevede il rialzo dei sette tratti mantovani di argini ancora da sistemare. Al momento è stata costituita una Cabina di regia con l’Autorità di Bacino del Po, Aipo e le Regioni Lombardia ed Emilia.

L’idea della Cabina di regia nasce dalla constatazione che nel corso degli ultimi secoli i terrapieni del Po sono sempre stati rialzati e oggi hanno raggiunto dimensioni colossali e altezze tali da rendere ardui e forse inutili ulteriori rialzi. La quota raggiunta garantisce quasi ovunque una sicurezza calcolata su eventi che si presentano statisticamente ogni 200 anni. Ma le piene del 1994 e del 2000 hanno mostrato che gli eventi eccezionali potrebbero in futuro diventare la norma e quelle degli ultimi due secoli insegnano che su 200 eventi di piena, il 70% è stata causata dal crollo dell’argine in seguito al “sormonto” dell’acqua. Da qui la necessità di studiare un “piano B”.

Una ipotesi che ha allarmato i consiglieri mantovani in Regione. Per prima Barbara Mazzali (Fratelli d’Italia)che pur essendo in maggioranza ha presentato una interrogazione che punta il dito su questa possibile soluzione. Interrogazione che è stata discussa ieri mattina al Pirellone. «Da sempre i nostri padri hanno cercato di strappare le terre al fiume, costruendo argini a loro tutela - spiega la Mazzali - Quella della tracimazione controllata per noi non è la soluzione ideale, perché comporterebbe una scelta tra aree di serie A e di serie B. Abbiamo bonificato e prosciugato interi territori, che a seguito di questo sistema verrebbero invece sacrificati. Bisognerebbe invece concentrarsi su altre soluzioni, come la laminazione delle piene sfruttando al meglio le aree interne, accompagnata da una oculata gestione dei sedimenti».

Nella risposta, l’assessore al territorio Pietro Foroni ha spiegato che si tratterebbe per ora solo di una sperimentazione, che prima di essere applicata sul Po potrebbe essere testata su uno degli affluenti, che si tratta di un “piano B” rispetto al rialzo degli argini e che in ogni caso scatterebbe solo su piene di grandezze per ora mai verificatesi. L’assessore ha anche garantito il coinvolgimento dei territori interessati.

«È inaccettabile che si debba venire a conoscenza di progetti “pesanti” e altamente impattanti per il nostro territorio solo attraverso vie traverse, così come è paradossale che la maggioranza interroghi sé stessa - commenta la consigliere Antonella Forattini (Pd) - . Un cortocircuito imbarazzante che ben rappresenta la mancanza di condivisione e coinvolgimento dei territori che questa Lega più che mai centralista continua a perpetrare. Mi batterò affinché la nostra provincia non sia tra le aree scelte: abbiamo già dato, siamo già stati messi a dura prova dall’inondazione del 2000 e dal terremoto del 2012. Si è investito sugli argini maestri, si sono costruite abitazioni e imprese . Non debbono essere messi a rischio ».


 

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