Biopig, la sentenza del Tar dà ragione al Comune di Schivenoglia: no all’allevamento di suini
Secondo il Tribunale amministrativo «gli allevamenti di suini sono molto inquinanti e quindi devono essere controllati e limitati»

SCHIVENOGLIA. La Biopig, l’azienda veronese che ha progettato di installare un nuovo allevamento da 10.600 suini e che ha chiesto di sbloccare il no arrivato dal Comune e dalla Provincia, ha perso il ricorso presentato al Tar di Brescia, che ha dato ragione al Comune, rappresentato dall’avvocato Claudio Arria.
La ditta aveva sostenuto che il divieto inserito nel Pgt del 2011 che proibisce i nuovi allevamenti di suini fosse discriminante. E la consultazione comunale sarebbe stata solo «demagogia».
Per i giudici del tribunale amministrativo di Brescia non è così. Riguardo al referendum popolare, il Tar rileva infatti che «a prescindere dall’esito della consultazione popolare, del tutto ininfluente sotto il profilo amministrativo - resta nella piena discrezionalità dell’amministrazione comunale la valutazione in ordine alla possibilità di una eventuale variante al Pgt. Il documento di Piano - chiarisce ancora il Tar - individua nelle premesse quali elementi essenziali la gestione prudente e oculata dell’ecosistema urbano (acqua, energia e rifiuti) e la conservazione e lo sviluppo del patrimonio maturale e culturale».
E ancora: «La gestione dell’ecosistema riveste un’importanza primaria. Il Piano territoriale paesistico regionale - chiariscono nella sentenza i giudici - attribuisce indirizzi di tutela tra cui è previsto che vadano controllati e limitati gli allevamenti fortemente inquinanti che hanno, specie nella pianura orientale, una notevole diffusione».
È indiscutibile- si legge nel dispositivo del Tar - che gli allevamenti di suini presuppongono costi ambientali (in particolare in termini di peso delle deiezioni e utilizzo di acqua) più gravosi rispetto ad altre tipologie di allevamenti, per cui è del tutto ragionevole e sicuramente proporzionata una previsione più restrittiva, diretta ad impedire l’incremento degli insediamenti suinicoli.
Sulla base di tutte queste considerazioni il Tar ha respinto il ricorso.
La vicenda nasce nel 2016, quando l'azienda veronese della famiglia Cascone, che già possiede nel Comune un allevamento con impianto di produzione biogas, propone un secondo impianto per 10.600 suini allevati in stalle di concezione moderna.
Il progetto supera positivamente la Valutazione d’impatto strategico (Vas), ma in paese nascono i primi malumori che portano alla formazione del comitato Gaeta che si oppone alla realizzazione. Poiché il Pgt vieta l’insediamento, serve che il Comune acconsenta ad una deroga. Una deroga che non è stata concessa e che ha creato un contenzioso finito sul tavolo dei giudici bresciani.
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