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L’ex fortezza rossa sotto choc per la disfatta: «Ma la gente era scontenta del Comune»

Il popolo del Pd ko nel paese dove il centrosinistra va all’opposizione dopo 74 anni. «Ciò che è fatto è fatto, non si torna indietro»

Francesco Romani
3 minuti di lettura

PEGOGNAGA. Il popolo del Pd è ancora sotto choc. I nove voti che domenica hanno permesso alla lista trasversale di Matteo Zilocchi, appoggiata dal centrodestra, di scalzare dopo 74 anni la maggioranza di centrosinistra sono ancora una domanda che resta aperta nella mente di molti. «Non ci ho dormito sopra, mi sembrava impossibile» confessa un pensionato seduto su una delle panchine di piazza Matteotti. Ci si chiede se tutto questo potesse essere evitato. Come si poteva mantenere la maggioranza?

Ma nove voti su quasi 4mila sono come la palla che danza sulla riga di porta. Sono la differenza fra la vittoria e la sconfitta. Fra il trionfo e la polvere. E così è stato. «È come nel calcio - dice con saggezza il vicino di panchina -. Inutile star lì a pensarci. Quello che è fatto è fatto. Non si può tornare indietro».

Invece molti vorrebbero poter riavvolgere il filo del tempo. Almeno degli ultimi mesi o anni. Da quando l’amministrazione comunale, a detta di tanti cittadini, si è progressivamente staccata dalla gente. Chiusa, isolata, non ha comunicato né le cose belle, né le difficoltà. Evaporata di fronte ai problemi che crescevano. I soldi arrivati e non spesi delle scuole e del teatro, per dirne una.

«Nei paesi funziona radio scarpa - dice Alberto -. Se qualcosa non va, fa il giro della piazza, dei bar, delle famiglie. E se nessuno spiega quello che sta succedendo, la gente addossa la colpa al Comune. È sempre stato così».



Basta fare un passo dalla piazza e varcare la porta del municipio per avere le prove di quanto dice la gente. Sulla facciata campeggia da tempo lo striscione “Work in progress”. Nessuno l’ha tolto e almeno copre le evidenti scrostature che adornano la “casa dei cittadini”. Basta salire lo scalone, con i quadri di partigiani e operai, e al primo piano si arriva all’ufficio delle pubbliche relazioni. È il front office con i cittadini. L’ufficio del sindaco è invece relegato in un angolo, ha l’aria dimessa di un sottoscala. La scrivania guarda il muro, non ci sono bandiere, poltrone, libri. Nulla che faccia sentire accogliente il luogo. E nei corridoi trapela la spiegazione: «Non c’era mai, la sua stanza era spazio sprecato».

Riscendendo, la gente è ancora ai bar che discute. «Perché è stato perso il Comune? Ma se è andata così è perché la gente era scontenta. Sennò non voleva cambiare» dice Pietro. «Guardi - dice un signore da poco sedutosi indicando con la mano a sinistra -. Là c’era la chiesa che è stata abbattuta. Qui - e indica a destra - è caduto il municipio. Abbiamo perso i nostri riferimenti». Parla di «miracolo laico» Fausto Bertolini, lo scrittore che nel frattempo arriva in bici in piazza: «È mancato un leader come Marco Carra» dice per spiegare l’accaduto. E proprio il segretario del Pd locale, ex sindaco ed ex parlamentare, è sotto i portici a far compere. Replica in diretta: «Non mi sono candidato anche perché, se avessi perso, non ci sarebbero stati più riferimenti per poter ricostruire il partito».



Meglio, quindi, una sconfitta dei Civici, con il Pd a giocare in difesa e tentare negli ultimi giorni di recuperare su ogni palla. E cercare di sfruttare i 5 anni di opposizione per ricostruire dalle macerie.

«Io ho dovuto lasciare per motivi personali il mio posto, l’ho ceduto nel 2017 a Carra - dice l’ex segretario Mario Morelli - Certo è un grande dispiacere vedere il Pd all’opposizione e adesso è facile dare la colpa ad altri. Ma mi ricordo le discussioni accese due anni fa, senza arrivare a conclusioni». La prima delle quali era indicare per tempo un delfino che prendesse in mano la situazione e proponendosi come candidato. Quando è stato fatto, qualche mese fa, era troppo tardi.

Non fa sconti l’ex assessore Daniele Benfatti: «È mancata la comunicazione. Nel bene e nel male. Il bilancio è in ordine, ma non è stato detto. Così anche le cose che non sono andate come si voleva. Nei ritardi non è tutta colpa del Comune, però si è taciuto. E questo ha pesato».

Dal suo ufficio allo Spi Cgil, Alberto Montani non si sottrae al confronto. Una ventina d’anni in consiglio, assessore, vicesindaco, capogruppo e segretario del Pd. Il campanello d’allarme lui l’aveva suonato: «Vent’anni fa il Pd era l’antenna dell’amministrazione. Raccoglieva gli umori della gente, i problemi, le richieste. Quando ho detto tempo fa che qualcosa non funzionava nel partito nessuno mi ha applaudito. Oggi in tanti mi dicono che avevo ragione. Ma ora non sarà facile».

Come non è stato facile per Zilocchi, ieri mattina, infilarsi la fascia tricolore. Qualche tentativo a vuoto, poi la scoperta: «È cucita alla rovescia. La regalo all’ex sindaco». Negli ultimi anni nessuno se n’era accorto.


 

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