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Barbara, sommelier del tè: «Ecco come lo servo a tavola al posto del vino»

Sabrina Pinardi
1 minuto di lettura

GONZAGA. Non ditele che il tè nero è soltanto amaro. O che il tè bianco non sa di nulla.

Lei che è riuscita a distinguere tra quattro diversi tè verdi, aggiudicandosi il secondo posto al “Tea Masters Cup”, inorridirebbe.

A Barbara Gola, blogger (Un viaggio intorno al tè il suo blog) e sommelier del tè, la Millenaria (che ha chiuso il primo weekend con 16mila ingressi contro i 10mila dell’anno scorso) ha affidato i “Percorsi sul tè”, per spiegare in che modo possa essere abbinato a tutte le pietanze, proprio come un buon vino.

Domenica sera ha abbinato il pollo “alla Stefani” a un Darjeeling Jungpana: «Un primo raccolto dalla note delicate e astringenti che si bilancia bene con il pollo». Il dolce all’uovo, invece, è stato servito con un tè rosso cinese “Yunnan imperiale”. Oltre a consigliare abbinamenti, fa consulenze ai negozi alle prese con la scelta della gamma dei tè, a baristi e ristoratori. Il suo obiettivo è diffondere la cultura di una bevanda dalla storia antica, «dai mille colori, odori, sapori». E con regole da seguire. «Si parte dall’acqua, che deve essere a basso residuo fisso. Occorre rispettare i tempi di infusione e la temperatura, che cambia a seconda delle varietà». Zucchero e limone peccato mortale? «Dipende. In un tè nero indiano ci stanno una nuvola di latte o una fetta di limone, ma i verdi e i bianchi vanno bevuti in purezza».

Il té, per Barbara, è un po’ come la “madeleine" di Proust: il suo profumo e il suo sapore la riportano all’infanzia. A quando la mamma si trovava con le vicine di casa, a turno nella cucina di una o dell’altra.

E tra un rammendo, un lavoro a maglia o all’uncinetto, trovavano il tempo per una tazza di té. «Era un bel momento, di amicizia e condivisione». La svolta è arrivata nel 1993: a Manchester per studio ha scoperto il tè nero in foglie e si è innamorata di uno di quei negozi specializzati che da qualche anno spopolano anche in Italia. Si perdeva tra le scansie e sognava di aprirne uno simile. Poi, però, è arrivato il lavoro in un albergo e quel sogno ha dovuto chiuderlo in un cassetto. C’è rimasto fino a cinque anni fa: dopo aver perso il lavoro, si è rimboccata le maniche e ha fatto corsi su corsi. E in uno di questi ha scoperto che attorno al tè poteva nascere un progetto. Non più il negozio, ma un viaggio intorno al tè. —

 

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