Giardino proibito: chiuso da 12 anni per sospetto inquinamento
Area verde in un quartiere residenziale alle porte del paese. Comune in cerca dei responsabili per procedere alla bonifica
Lino Fontana
CASTEL D'ARIO. Un’area verde pubblica di circa 1.500 metri quadrati all’interno di un quartiere residenziale, via Vivaldi, vicino al cimitero, è inaccessibile al pubblico. Si potrebbe dire che è un “giardino proibito” come quelli della residenza imperiale a Tokio. . Ma nel nostro caso il divieto di accesso è dovuto alla sospetta presenza di idrocarburi nel terreno che è stato recintato con una rete elettrosaldata alta due metri.
«Per precauzione, circa una decina d’anni fa l’area di proprietà comunale è stata appunto recintata per evitare che bambini o adulti potessero accedervi. Un provvedimento precauzionale poiché nelle vicinanze è stata riscontrata la presenza di idrocarburi nel terreno e la falda scorre proprio in direzione dell’area verde» sottolinea il responsabile dell’ufficio tecnico comunale.
La questione è a dir poco intricata visto che è dal 2007 che si sta cercando una soluzione. L’area interessata si trova nel quartiere alle porte del paese, dove oltre ad un centro commerciale è stata realizzata un’area residenziale. Dodici anni fa una impresa edile acquistò un lotto a nord dell’area verde da cui è separato da una strada interna. Al momento di procedere per edificare degli alloggi, durante gli scavi, dal terreno usciva un forte odore di idrocarburi. L’impresario edile sospese subito i lavori informando il Comune. Per affrontare il problema fu convocata una conferenza dei servizi tra Comune, Arpa, Regione e Asl ma alla fine senza trovare una soluzione. Si accertò però che l’inquinamento da idrocarburi è dovuto alla presenza di alcune cisterne interrate negli anni’50 –’60 quando in loco c’era un deposito di carburante.
Le cisterne si trovano al di là del confine con il lotto da edificare. La fuoriuscita degli idrocarburi è probabilmente dovuta al deterioramento delle cisterne e quando la falda si alza l’acqua vi entra dentro e nella fase di abbassamento fuoriesce portando con sé i residui che si trovano all’interno delle cisterne. Da 12 anni la soluzione non si è ancora trovata per procedere alla bonifica, in quanto i venditori e gli acquirenti dell’area che si sono avvicendati si rimpallano la responsabilità. Sono in corso cause civili sia davanti al tribunale di Mantova sia di Brescia, appunto per individuare chi deve rispondere del fatto e provvedere, a sue spese, per la bonifica del terreno. Ma al momento non si è venuti a capo di nulla. Nel frattempo il Comune sta seguendo l’iter burocratico necessario per arrivare ad una soluzione del problema, ovvero alla bonifica del terreno. Una volta stabilita la procedura, chi sarà ritenuto responsabile del fatto dovrebbe provvedere al disinquinamento, che potrebbe costare alcune centinaia di migliaia di euro. Se però non si individuerà il responsabile, la soluzione del problema finirà in capo al Comune.
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