Ingegneri nello spazio: progetto europeo per il prof mantovano
Test sul comportamento dei materiali in assenza di gravità. Docente a Parma, Bozzoli è tra i fondatori del Cinema del Carbone
Igor Cipollina
MANTOVA. Pulsating Heat Pipes. Sembra il titolo di un album dei Pink Floyd, di quelli più lisergici, invece indica dei “dispositivi passivi per lo scambio termico”. Il che scioglie il malinteso ma non semplifica le cose. Sono dei tubicini riempiti di fluido che, grazie alla loro configurazione, si comportano come superconduttori. Scambiano calore. La spiegazione è del mantovano Fabio Bozzoli, ingegnere meccanico e prof associato all’Università di Parma, coordinatore del gruppo di fisica tecnica coinvolto nel progetto Topdess. Progetto da 1,7 milioni di euro, con partner internazionali, finanziato dall’Agenzia spaziale europea (Esa). Insomma, si vola alto.
«L’Esa mette a disposizione soldi e, soprattutto, voli parabolici, che riescono a simulare l’assenza di gravità. Come? Con aerei che vanno su e giù come fossero sulle montagne russe» risponde Bozzoli. Si tratta di test preliminari, in atmosfera, che permettono di verificare come funzionano le cose nello spazio. Test che possono preludere al “salto” nelle navicelle spaziali.
E queste pipes riempite di fluido? «È un’invenzione giapponese degli anni Settanta – informa Bozzoli – oggi questi tubicini sono presenti in tutti i cellulari che maneggiamo e nei nostri computer, ovunque ci sia qualcosa che produce tanto calore da disperdere». Un’invenzione geniale ed economica, ma anche un maledetto rompicapo: nessuno ha mai capito come funzionano. Il gruppo di Bozzoli dedicherà la sua ricerca proprio a capirne il comportamento, sia in ottica terrestre sia in prospettiva spaziale, applicando le pulsating heat pipes ai sistemi deployable, ovvero pieghevoli, «strutture meccaniche che si aprono e chiudono automaticamente». Materiali a memoria di forma e dimensione che non hanno bisogno di corrente elettrica e parti in movimento.
Un ragazzo fortunato, Fabio Bozzoli, che oggi ha 44 anni e a 29 era già un ricercatore a tempo indeterminato, dopo il dottorato sull’acustica automobilistica in collaborazione con un’azienda svizzera. «Com’è messa l’università italiana? La vera difficoltà è trovarsi una strada, non un posto. In Italia si ragiona tanto sulle idee ma un po’ poco sulla pratica, sui fondi e i finanziamenti».
Il cielo stellato sopra di lui e la settima arte dentro di lui: Bozzoli è tra i fondatori del Cinema del Carbone. Il nesso tra le due dimensioni? «Méliès ha segnato l’inizio del cinema come lo pensiamo oggi. E va sulla Luna». Bon voyage.
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