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Corneliani choc: a casa 130 lavoratori

Un anno per tagliare un posto su tre. Piano industriale con 18,5 milioni di investimenti presentato dall’ex amministratore delegato, ora solo direttore generale

Monica Viviani
3 minuti di lettura

MANTOVA. «Sono qui come direttore generale e non più come amministratore delegato»: già l’esordio di Luigi Ferrando all’apertura del vertice in Confindustria per la presentazione a Rsu e sindacati dell’atteso piano industriale di Corneliani non prometteva nulla di buono. E la temuta doccia fredda è arrivata a ruota: 130 esuberi da “smaltire” nel corso del 2020.

La doccia fredda

In agenda da tempo, l’appuntamento era per ieri alle 10 in via Portazzolo: al centro il piano di riorganizzazione e trasformazione triennale della società «finalizzato – si legge in una nota dell’azienda – a garantire la competitività e la crescita dell’azienda nel lungo periodo». Sul piatto: 18,5 milioni di investimenti nel prossimo triennio, ipotesi di trasformazione dello stabilimento in Slovacchia per riqualificarne la produzione, riorganizzazione interna, ma soprattutto un durissimo piano di esuberi. Un passaggio quest’ultimo aggiunto al termine, solo su richiesta specifica dei sindacati («non prevedete esuberi?»), a voce senza slide di accompagnamento, dall’ex amministratore delegato accompagnato per l’occasione dal presidente del consiglio di amministratore Ferro. Tanto è bastato perché i rappresentanti dei lavoratori e i segreteri generali di Filctem Cgil, Michele Orezzi, Femca Cisl, Gianni Ardemagni e Adolfo Feudatari, e di Uiltec Uil, Giovanni Pelizzoni, abbandonassero il tavolo.

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L’ad che non è più ad

Subentrato a Paolo Roviera nel settembre dello scorso anno, Luigi Ferrando è stato amministratore delegato di Corneliani almeno fino alla scorsa settimana. Ieri ha annunciato di ricoprire ora il solo ruolo di direttore generale. Questo significa che il gruppo al momento non ha un amministratore delegato e negli ambienti vicini all’azienda ci si chiede se questo cambio in corsa non sia legato alla fusione in sospeso della Corneliani spa nella capogruppo Sarti Holdings Italy srl.

 I tagli

Scrive l’azienda che «il piano triennale passerà per la revisione profonda del modello organizzativo oggi più che mai necessaria per adattare la struttura ad anni di flessione della domanda, con un impatto equivalente a 130 risorse sul territorio mantovano» specificando che «il processo di modernizzazione dell’azienda permetterà anche di ottenere significativi risparmi di costi operativi che serviranno a liberare risorse per esprimere al meglio le potenzialità del brand Corneliani». I dipendenti attualmente sono 454 (senza quelli impiegati nei negozi), erano 485 al 1º settembre e 520 al 1º gennaio (compresi quelli impiegati nei negozi): i 130 tagli previsti nel corso del 2020 rappresentano il 28% dei dipendenti mantovani. Sono così suddivisi: 44 operai, 43 impiegati e 43 intermedi di produzione a loro volta divisi in 28 operai e 14 impiegati. Nel complesso quindi l’azienda punta a ridurre l’organico a 324 unità lasciando a casa 72 operai e 58 impiegati.

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Gli investimenti

Durante l’incontro con i sindacati l’azienda ha parlato di 18,5 milioni di investimenti così suddivisi: 6 milioni il primo anno, 6,2 milioni il secondo e 6,3 il terzo. Tre i settori a cui saranno destinati: industriale, commerciale e di comunicazione. Al momento si tratta quindi di indicazioni generiche ed è stato giusto precisato che il piano di ristrutturazione non rientra in questo investimento. Altrettanto generica la nota dell’azienda: «Le misure presentate includono importanti investimenti per consolidare il presidio dei canali di vendita nelle aree geografiche con maggiore potenziale, lo sviluppo dell’e-commerce e la ridefinizione e potenziamento delle collezioni e del footprint produttivo, con la conseguente valorizzazione del brand».

Stabilimenti esteri

Corneliani ha due stabilimenti produttivi in Slovacchia e Romania. Al tavolo di ieri è stata ribadita la centralità di Mantova e della sede rumena, il che lascia pensare che nel lungo periodo ci potrebbero essere riflessioni sulla fabbrica slovacca. «Il piano – assicura la nota – punta a riaffermare i valori e il Dna del brand Corneliani e la trasformazione della storica sede produttiva di Mantova in un polo di eccellenza della manifattura tessile d’alta gamma del made in Italy».

Crisi iniziata nel 2012

«Il piano presentato – spiega l’azienda – è stato costruito per affrontare le avverse condizioni di mercato e i cambiamenti irreversibili nel settore che richiedono inderogabilmente nuovi modelli organizzativi e di business». Una crisi non nuova e comunque iniziata ancora prima che la famiglia cedesse il 51% del gruppo al fondo Investcorp mantenendo il 49% del capitale. Come illustrato ai sindacati è dal 2012 che il fatturato è in calo: era di oltre 142 milioni allora, 126 milioni nel 2014 e ha chiuso a 108 nel 2018 con perdite costanti che preludono a un ulteriore calo dell’8% per l’annata in corso. E le previsioni per il 2020 sono tutt’altro che incoraggianti. Fa presente l’azienda che «le stime evidenziano un calo delle vendite dei principali concorrenti tra il 2012 e il 2017 fino a oltre il 10%» ma dai sindacati ribattono che Corneliani «in quattro anni ha perso il doppio rispetto ai competitor». 
 

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