MANTOVA. Sciopero ad effetto sorpresa oggi per i dipendenti della casa di moda Corneliani. In preparazione alla terza giornata di mobilitazione nel giro di una settimana, oggi (13 novembre) i sindacati di categoria e rappresentanze sindacali interne hanno riunito i colleghi di uffici e reparti in una serie di assemblee che hanno visto ancora una volta lavoratrici e lavoratori compatti e decisi a portare avanti la loro battaglia contro i 130 esuberi annunciati la scorsa settimana.
Tempi e modalità dello sciopero verranno comunque comunicati solo domani mattina: una forma di riservatezza quella voluta da Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil che ha il chiaro intento di prendere alla sprovvista la proprietà e fa al contempo presumere che non si tratterà di una semplice astensione dal lavoro.
Un altro fermo produzione, che va ad aggiungersi a quelli di giovedì e venerdì scorsi, rischia comunque di mettere non poco in difficoltà l’azienda: l’annuncio dei licenziamenti è piombato nel bel mezzo di settimane strategiche per fabbriche del settore moda e soprattutto per quelle d’alta sartoria, come Corneliani è. Siamo nel vivo della chiusura campionari e delle consegne, ai buyers sparpagliati in tutto il mondo, delle collezioni per l’autunno-Inverno 2020/21 e questo stop and go dell’attività non può che rallentare la tabella di marcia.
C’è da immaginare che fondo Investcorp (che detiene il 51% attraverso Sarti Holdings) e famiglia Corneliani (49%) avessero comunque messo in conto una simile reazione da parte dei 454 dipendenti dello stabilimento mantovano quando mercoledì 6 hanno illustrato a grandi linee a sindacati e Rsu il piano industriale che metteva sui piatti della bilancia 18,5 milioni di investimenti da una parte e il taglio di 130 posti dall’altra («in sostanza si pagano gli investimenti con i nostri stipendi» hanno sin da subito denunciato i lavoratori).
Un piano illustrato nella sede di Confindustria non dalla proprietà e neppure dall’amministratore delegato, ma dal direttore generale Luigi Ferrando, che fino a pochi giorni prima ricopriva anche la carica di ad, accompagnato dal presidente del consiglio di amministrazione Ferro. Di qui la doppia rivendicazione dei lavoratori che hanno bollato il piano come «irricevibile» e dal primo giorno chiedono sia il ritiro dei licenziamenti sia di trattare (eventualmente) con la proprietà. Quello di oggi sarà il terzo di quattro scioperi proclamati: quello successivo è in programma entro dicembre. Ma se da parte dell’azienda non vi sarà alcuna apertura non sarà neppure l’ultimo.