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Una convivenza speciale a Mantova: così Paolo e Francesca hanno accolto Ahmed

Entrambi giovani insegnanti, sono i primi mantovani ad aderire al progetto Refugees welcome per l’inserimento sociale di un rifugiato

Vincenzo Corrado
2 minuti di lettura

MANTOVA. In Disperato erotico stomp, Lucio Dalla cantava un verso destinato a passare alla storia della musica italiana: “Ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”. Era il 1977, sono passati 42 anni ma le parole del geniale cantautore bolognese sono quanto mai attuali, tanto che la meravigliosa banalità dell’accoglienza fa notizia o può addirittura creare polemiche e diventare oggetto di scontri politici da talk show.

Francesca Andreazzoli e Paolo Zani, entrambi insegnanti, sono sposati da circa un anno e mezzo e da qualche mese ospitano un 19enne somalo, Ahmed, rifugiato politico. Trent’anni lui, 29 lei, sono i primi mantovani ad aver aderito al progetto Refugees welcome. Sarebbe troppo facile dire che marito e moglie abbiano deciso di “prendersi un immigrato a casa loro” come da ritornello social degli ultimi anni. La vicenda è un po’ più complessa o forse molto più semplice di quanto possa apparire, dipende dai punti di vista.

«Abbiamo saputo della possibilità di ospitare un rifugiato grazie ad una volontaria dell’associazione, una nostra amica – spiega Francesca – Ci abbiamo pensato su per qualche mese e poi abbiamo intrapreso il percorso che porta alla convivenza. È stata una scelta molto ragionata, Refugees ci ha affiancato e lo fa ancora con professionisti che stanno seguendo tutte le fasi del progetto». Ahmed è arrivato in Italia quando era ancora minorenne, scappava dalla guerra civile che ancora oggi dilania la Somalia. Dopo il passaggio allo Sprar di Mantova e l’acquisizione dello status di rifugiato, è entrato nel programma di Refugees welcome. La convivenza con Francesca e Paolo durerà sei mesi.

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Per il futuro Ahmed ha le idee molto chiare: sta studiando per diventare mediatore culturale. Vuole rimanere a Mantova, la città che lo ha accolto e di cui conosce pregi e difetti. «Da quando Ahmed sta da noi – racconta Paolo – ho avuto la conferma di qualcosa che già pensavo: finché non hai un contatto diretto e quotidiano con qualcuno, non puoi dire di conoscerlo, tanto più se ha origini diverse dalle tue. Come sta andando la convivenza? Bene, cioè normale, non ci sono stati episodi particolari, come con tutti i coinquilini può nascere qualche incomprensione, tipo su chi ci mette troppo tempo a preparasi in bagno al mattino...». Insomma, sembra proprio che le barriere culturali che secondo qualcuno rendono impossibile la coesistenza tra popoli, a volte, in concreto, si riducano a discussione su docce troppo lunghe e simili.

Del resto l’idea di Refugees welcome è proprio questa: dimostrare con i fatti che la convivenza è possibile e che anzi non esiste altro modo di affrontare i fenomeni migratori se non attraverso la conoscenza reciproca.

Ahmed al momento studia alle serali e un paio di volte a settimana frequenta il Bonomi al mattino. Nel tempo libero fa il volontario per l’unione italiana ciechi. Paolo e Francesca insegnano in due istituti di Verona. La convivenza prosegue come se i tre fossero studenti universitari fuori sede ed è un elogio alla normalità. Si può fare.




 

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