Il nuovo disagio sociale: anziani soli e neet. «Il welfare non basta più: va aggiornato»
L’assessore Andrea Caprini illustra il piano dei Comuni: «Dovremo erogare più servizi diretti e fare meno assistenzialismo»
Nicola Corradini
MANTOVA. Una popolazione che invecchia progressivamente, con un crescente numero di anziani che vivono da soli. Problema conosciuto, ma con una dinamica che lo rende sempre più preoccupante. Perché il rapporto tra popolazione attiva e pensionati, in un futuro non molto lontano, manderà in tilt il modello previdenziale che conosciamo.
Ci sono anche nuove problematiche che riguardano, invece, fasce delle generazioni più giovani. Li chiamano “neet” e sono persone (generalmente dai 16 ai 35 anni) che non studiano, non hanno un’occupazione e nemmeno la cercano.
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E poi c’è la denatalità. Fare un figlio non è un obbligo, ma spesso la decisione di ritardare il concepimento di un piccolo dipende non dalla volontà della coppia, ma da complessi fattori economici e sociali.
Welfare spuntato
«Tutte problematiche per le quali il nostro welfare è inadeguato e mi riferisco alle politiche sociali nazionali e di tutti gli enti locali – spiega l’assessore comunale delegato alla materia, Andrea Caprini – sono fenomeni in parte nuovi, in parte conosciuti ma cresciuti a tal punto da richiedere soluzioni specifiche. In ogni caso, un welfare basato soltanto sull’assistenza economica è inefficace per affrontare questi fenomeni. Soprattutto non sarà più possibile adottare questo sistema in un futuro non molto lontano. Dobbiamo cambiare metodo».
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Nuovo percorso
Gli scenari sono preoccupanti. E non inquietano solo Caprini. L’assessore ha partecipato a un vertice con molti altri Comuni (Bergamo, Padova, Ravenna, Reggio Emilia ad esempio) e docenti universitari, dedicato al problema. «Emerge che occorre ridisegnare il welfare, a partire da quello espresso a livello locale dai Comuni – dice Caprini – per questo è stato redatto un protocollo d’intesa, in quella sede, per la sperimentazione di nuove forme di welfare locale nelle città di piccole e medie dimensioni. Protocollo che l’amministrazione ha ufficialmente fatto proprio nell’ultima riunione di giunta. Si tratta di un percorso appena iniziato, che durerà alcuni anni. Si tratta di capire se può funzionare».
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Più servizi diretti
Lo spirito della riforma, si basa sul concetto che occorre ridimensionare l’assistenza meramente economica per passare all’erogazione diretta dei servizi da parte degli enti locali, eventualmente in collaborazione con il mondo del volontariato sociale e del Terzo settore. «Gran parte delle misure adottate oggi consiste nei trasferimenti economici alle famiglie alle prese con difficoltà – dice Caprini – Ovviamente l’impoverimento di certe fasce sociali è tale che non è pensabile togliere questo tipo di assistenza, ma quando si ha a che fare con le nuove problematiche ci si rende conto che non è distribuendo contributi, assegni o aiuti monetari che si possono risolvere le cose. Al crescente fenomeno degli anziani single serve assistenza diretta, per fare un esempio. Ecco, questo è il punto: deve essere il pubblico, lo Stato ma anche l’ente locale, a erogare i servizi necessari, gratuitamente. Gratuitamente perché vengono finanziati già con le tasse. Ovviamente a livello locale non possiamo sostituire lo Stato, ma dobbiamo cercare nuovi percorsi per le nostre competenze».
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Serve una mappatura
«Occorre fare una mappatura delle nuove problematiche nelle singole realtà – spiega Caprini – perché solo così potremo valutare le migliori strategie da adottare». Per capire quanti sono gli anziani che vivono da soli basterà ricorrere ai software dell’anagrafe, ma indagare sui cosiddetti “neet” sarà molto più complicato.
Ipotesi
«Oggi è difficile, in assenza di dati precisi, prevedere quali soluzioni nuove verranno adottate – ammette Caprini – ma noi abbiamo già fatto qualche mossa in questi anni, aumentando le risorse nei servizi di welfare diretti (come i domiciliari). Solo dando un volto preciso alle nuove problematicità però potremo fare servizi ad hoc».
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