Revocata l’autorizzazione a La Vetri a Borgo Mantovano
La ditta non ha rimosso le tonnellate di rifiuti né disinquinato: la Provincia ferma l’azienda e invia le carte alla Procura
Francesco Romani
BORGO MANTOVANO. La Provincia ha revocato alla ditta La Vetri l’autorizzazione unica, che dal 2007 garantiva all’azienda di poter operare nel campo del recupero e del trattamento di rifiuti non pericolosi, in particolare del vetro da riciclare. Il provvedimento è stato preso poiché l’azienda non ha provveduto né a rimuovere dai piazzali i rifiuti in eccesso, né a fermare l’inquinamento del vicino fosso Galene, né infine a mettere a norma gli scarichi del depuratore aziendale. Mancanze alle quali avrebbe dovuto far fronte nei sei mesi concessi dal Tar di Brescia proprio per mettersi in regola. I quaranta ex dipendenti, oggi coperti dalla Naspi dopo essersi licenziati collettivamente dovranno comunque attendere l’esito della procedura di concordato. La convocazione dei creditori è stata fissata al prossimo 20 febbraio.
La Vetri, presidio industriale di proprietà della famiglia Ravagnani sorto nel 1962 per trattare il vetro di scarto trasformandolo in materiale per le vetrerie dal 2015 aveva ampliato la propria attività con il recupero e lo smaltimento rifiuti speciali e urbani non pericolosi.
Sopralluoghi della autorità sanitarie e della Guardia di Finanza, dopo le preoccupate segnalazioni dei residenti, avevano evidenziato la presenza di cumuli di rifiuti non autorizzati sui piazzali e di scarichi illegali nei fossi circostanti. L’attività veniva sospesa mentre nel frattempo i 40 lavoratori restavano a casa. Il piano per saldare i debitori (le passività supererebbero i 12 milioni), prevede la vendita dell’azienda valutata poco meno di 5 milioni.
Il Tar, al quale la ditta si era rivolta lo scorso anno dopo un primo stop imposto dalla Provincia, aveva concesso sei mesi di tempo per consentire alla ditta di reperire le risorse necessarie ad effettuare lo smaltimento dei rifiuti in eccesso presenti sui piazzali. Ma ad oggi, come verificato dalla Provincia, non solo l’attività non è ripresa. Ma i cumuli di rifiuti (stimati in oltre 62mila metri cubi) sono rimasti sui piazzali. Nemmeno il problema dell’inquinamento del vicino fosso è stato risolto poiché una relazione dell’Arpa del maggio scorso ed una successiva della Polizia locale ha evidenziato «esternamente al muro di cinta» un affioramento di liquido brunastro «tipico percolamento aziendale» visto che i piazzali con i rifiuti risultavano allagati e il «ruscellamento del liquido bruno nel vicino fosso Galene».
Da qui la revoca dell’autorizzazione emessa dalla Provincia che ha contestualmente ordinato «il recupero ambientale del sito» «nel minor tempo possibile» inviando tutti gli atti alla Procura della Repubblica.
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