In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Comuni

Tatuatori organizzati contro l’abusivismo: a Mantova nasce la federazione

A fronte dei 35 in regola se ne contano 100 fuorilegge. «Sono interventi di microchirurgia con tutti i rischi del caso»

Igor Cipollina
1 minuto di lettura
Da sinistra Matteo Teo Sganzerla, Davide Ferlo Ferlisi e Mauro Sid Bottoli 

MANTOVA. Il motto degli addetti al settore è «finché c’è pelle c’è speranza». Ma farsi scrivere e disegnare addosso non è uno scherzo: ogni tatuaggio è l’esito di una piccola operazione chirurgica, con tutte le cautele e le controindicazioni del caso. Al netto dell’estro di chi maneggia aghi e inchiostri, ché l’arte non mette al riparo dal rischio di epatiti e setticemie. Eppure c’è chi, per risparmiare, si affida a tatuatori abusivi, gente che riceve e opera in casa in spregio a qualsiasi norma igienico sanitaria.

La buona notizia è che è appena nata la Federazione tatuatori professionisti Mantova, nel perimetro della Cna, con l’obiettivo di combattere l’abusivismo, in concorso con le forze dell’ordine e l’Ats, sensibilizzando anche i potenziali clienti rispetto ai pericoli che si corrono a mettersi nelle mani sbagliate. Con incontri pubblici pure nelle scuole. L’evidenza del fenomeno è nei numeri: a fronte dei 35 tatuatori professionisti regolarmente iscritti al registro della Camera di commercio, se ne stimano almeno cento fuorilegge.

A fare il punto sul settore sono il presidente della neonata federazione, Mauro “Sid” Bottoli, e suoi due vice Davide “Ferlo” Ferlisi e Matteo “Teo” Sganzerla. Prima domanda: come si diventa tatuatori oggi? Il requisito numero uno è l’attestato di competenza, rilasciato dalla Regione al termine di un corso di novanta ore. Come i due organizzati dalla Cna, a colmare un vuoto che penalizzava la nostra provincia. Con l’attestato in pugno si aprono quindi due possibilità: o ci si propone come apprendista in uno studio già avviato, per accumulare esperienza, oppure ci si mette subito in proprio, registrando l’attività alla di Camera di commercio.

Sid e compagni non hanno dubbi circa l’iter più corretto: «Non si diventa tatuatori con novanta ore di scuola, di cui solo trenta di pratica e su pelle artificiale – concordano – L’arte? Per alcuni è un talento innato, per altri no. In ogni caso, parliamo di interventi di microchirurgia per i quali il rischio di contaminazioni sono dietro l’angolo». E operare in casa, pure avendo l’occhio giusto, gli aghi sterili e gli inchiostri sicuri, non offre garanzia alcuna. Senza contare che per tenere i prezzi bassi e massimizzare il guadagno, difficilmente gli abusivi ricorrono a inchiostri di qualità.

Trentacinque tatuatori in regola e cento fuorilegge raccontano di un mercato vivace, spinto da una rivoluzione culturale e di costume che ha sottratto i disegni sulla pelle al pregiudizio che fino a vent’anni fa li bollava come scarabocchi da carcerati. «A cosa si deve il boom degli ultimi anni? All’esempio di calciatori e modelle, ad alcuni reality, all’ansia di mostrarsi alimentata dai social». Ma c’è anche chi i tatuaggi se li fa per sé, in regioni di pelle nascoste. Accessibili solo alla memoria. 

I commenti dei lettori