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Ex macello di Belfiore: ora si tenta la strada dell’offerta libera

Il palazzone nero costruito al posto del macello sarebbe dovuto diventare un centro commerciale. Il curatore ha deciso di non indicare un importo minimo per favorire la vendita. La congruità sarà decisa dagli organi della procedura

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MANTOVA. Dopo otto aste andate deserte e sei anni di attese deluse, per l’ex macello di Belfiore si cambia strategia. Per vendere quel palazzone nero che avrebbe dovuto ospitare un centro commerciale e direzionale e che, invece, non è mai stato completato finendo per diventare un simbolo di degrado in uno dei quartieri più esclusivi di Mantova, si è deciso di percorrere una strada alternativa.

E così, il curatore fallimentare della società modenese Mantegna srl, Giovanna Manni, ha scelto la vendita senza la predeterminazione di un importo minimo, lasciando libero chi è interessato all’immobile di offrire ciò che ritiene giusto. Il termine è stato fissato per le ore 12 del 15 maggio prossimo. Le offerte in busta chiusa (via mail o per servizio postale) dovranno pervenire nella sede dell’istituto vendite giudiziarie di Modena, viale Virgilio 42 F, nei giorni e negli orari di apertura al pubblico (dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 12 e dalle 14.30 alle 18 e il venerdì dalle 9 alle 12. (segreteriamo@astagiudiziaria.com e ivgmo@legalmail.it 059 847301 e fax 059 885436).

Ovviamente, a decidere sulla congruità dell’offerta saranno gli organi della procedura e cioè il comitato dei creditori e il giudice delegato. Se saranno ritenute congrue si procederà alla fissazione di un’asta che avrà come prezzo base l’importo corrispondente a quello dell’offerta più alta tra quelle pervenute. Per dare un’idea di quanto vale l’intero complesso dell’ex macello in via Mambrini, va ricordato che l’ultima asta andata deserta aveva come prezzo minimo 1.387.430,44 euro.

Il piano ex Macello prevedeva un centro commerciale e direzionale, con tanto di hotel, più la riqualificazione del parcheggio del cimitero e la costruzione del collegamento tra le ex statali Cremonese e Sabbionetana in cambio degli oneri di urbanizzazione dovuti al Comune. L’edificio fu realizzato, le opere di urbanizzazioni no. La crisi dell’edilizia ha poi fatto il resto. E così, il palazzo nero fu abbandonato al suo destino.
 

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