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Allarme coronavirus, il primario del Poma di Mantova:«Il rischio di ammalarsi in Italia è basso»

Parla l'infettivologo dell'ospedale: «Attivate le procedure di isolamento per i casi sospetti». E al pronto soccorso un percorso dedicato per chi ha sintomi ed è appena stato in Cina

Roberto Bo
2 minuti di lettura

MANTOVA. Dottor Casari, arrivati a questo punto dobbiamo iniziare a preoccuparci sul serio?

«L’intero sistema messo in campo dalla Regione sta funzionando e la popolazione non è abbandonata a se stessa. Attualmente non c’è un rischio diffuso di contagio, ma limitato ai contatti prolungati con le persone malate. Stiamo quindi parlando di un rischio infinitesimale di ammalarsi in Italia. Se poi tiriamo in ballo i dati epidemiologici, allora sottolineo che il tasso di mortalità del coronavirus è del 3% simile alla normale influenza che tutti conosciamo». Il primario del Malattie Infettive dell’Asst di Mantova Salvatore Casari, pur parlando di una guardia alta e attenta, ce la mette tutta per trasmette serenità alla popolazione.

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Che cosa state facendo per affrontare l’emergenza nuovo coronavirus?

«Andiamo nel concreto. Se al pronto soccorso arriva un paziente con caratteristiche e sintomi sospetti e che in un tempo definito, vale a dire nelle ultime due settimane (periodo di incubazione della malattia, ndr), sia stato in Cina viene subito dotato di una mascherina protettiva e accompagnato in una stanza isolata. Da qui viene spostato nel reparto di Malattie Infettive attraverso un ballatoio esterno senza entrare mai in contatto con il reparto e viene ricoverato in isolamento».

Qual è la procedura per stabilire la positività?

«Al Poma possiamo fare tutti gli accertamenti e i test per i virus conosciuti, ma questo al momento non è ancora noto. Quindi l’esame viene inviato a Pavia e in giornata abbiamo la risposta. In ogni caso al Poma iniziamo subito le terapie ovviamente in base ai sintomi presentati».

Una risposta farmacologica al virus però ancora non c’è?

«È vero, così come del resto per il virus dell’influenza per il quale curiamo le complicanze. Per la classica influenza però la popolazione ha già alcune difese: gli anticorpi maturati negli anni scorsi e avendo acquisito una sorta di immunità e le vaccinazioni. Il rischio del coronavirus è quello di una maggiore diffusione perché qui gli anticorpi ancora non ci sono e nessuno si è vaccinato. Quindi l’allarmismo nasce dal fatto che più casi più decessi, ma tutto è in percentuale».

Come si trasmette il virus?

«Per via aerea e per contatto stretto tramite la trasmissione diretta di goccioline, oppure toccandosi bocca e naso dopo essere venuti a contatti con mani infette, infine con lo scambio di un bicchiere. Ma attenzione stiamo parlando di situazioni solo teoriche perché il contatto deve essere prolungato. Insomma, non ci ammaliamo se incontriamo una persona infetta lungo la strada, ma solo se stiamo insieme a lui per ore e soprattutto in ambienti chiusi. Inoltre è dimostrato che i bambini sono meno esposti a questa malattia, contrariamente alle persone più anziane».

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Un consiglio per limitare la diffusione del virus?

«Il lavaggio delle mani con soluzioni gel alcoliche o con acqua e sapone. Nel primo caso bastano venti secondi, nel secondo almeno un minuto e con una procedura di lavaggio accurata».

I medici di base sono stati informati su come comportarsi?

«Sì, direttamente dalla Regione e in caso di sospetto devono subito segnalare il caso all’Ats ed entrare in contatto con i reparti di Malattie Infettive».

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