Competenze ed emozioni contro la dipendenza all’Istituto d’Arco-d’Este di Mantova
Al via Unplugged, maxi progetto per 353: coinvolte tutte le matricole e trenta prof. Il preside: «Così sviluppiamo la capacità di pensiero autonomo»
Igor Cipollina
MANTOVA. L’obiettivo ultimo è evitare che i ragazzi inciampino nella dipendenza, spinti dalla propria fragilità, dal bisogno di sapersi accettati. Alcol, droga, tabacco, internet: ogni cosa pur di zittire l’insicurezza. E fin qui. La novità del progetto Unplugged è nel metodo adottato per orientare i ragazzi: sviluppandone le life skills, le abilità relazionali e sociali. Veri e propri anticorpi contro pressioni, influenze negative, smarrimenti.
Ne è convinto il dirigente dell’Istituto d’Arco-d’Este, Giancarlo Gobbi Frattini, che ha attivato il progetto Unplugged per tutte le matricole della scuola, 353 studenti distribuiti in 15 classi. Con il coinvolgimento di trenta prof incaricati della formazione e, a loro volta, formati attraverso un corso dell’Ats Val Padana coordinato da Valter Drusetta. Insomma, non un progetto improvvisato. Al contrario.
Rigore scientifico
Il progetto ha un importante background scientifico – informa la scuola – perché è stato elaborato da esperti e realizzato in ben sette paesi europei. Inoltre, Unplugged è stato valutato anche sotto il profilo dell’efficacia attraverso lo studio Eu-Dap (l’acronimo sta per European Drug addiction prevention), che ne ha affermato la validità nella prevenzione primaria all’uso di sostanze.
«Il progetto Unplugged, nel comune obiettivo della scuola e della prevenzione sanitaria, sviluppa nei ragazzi la capacità di pensiero autonomo e responsabile – assicura Gobbi Frattini – li rinforza rispetto a pressioni sociali negative, quali le droghe o il conformismo, li rende progressivamente più riflessivi e adulti».
Life skills
Letteralmente “competenze di vita”, le life skills sono declinabili nella consapevolezza di sé e delle proprie emozioni, nella capacità di stabilire relazioni positive con l’altro, nell’autonomia necessaria a prendere decisioni con la propria testa. «La convinzione, validata scientificamente, è che potenziarne le competenze, significa accostare i ragazzi a stili di vita corretti. Metterli nella condizione di saper dire anche dei no» scandisce Cinzia Ragonese, prof di psicologia, e referente di Unplugged per l’Istituto d’Arco-d’Este. Irrobustire le life skills significa spezzare il meccanismo che spinge i ragazzi a comportamenti avventati pur di appartenere al gruppo. Già, ma come?
Dodici unità
Articolato in dodici unità di un’ora ciascuna, a cadenza settimanale, il progetto partirà il 17 febbraio per proseguire fino all’inizio del nuovo anno scolastico. Gioco, discussione plenaria, quiz, lavoro di gruppo: le chiavi sono molteplici. Qualche esempio? «C’è l’unità “Esprimi te stesso”, allo scopo di comunicare le proprie emozioni in maniera adeguata ed efficace – risponde Ragonese – “Get up, stand up” lavora invece sull’assertività, sulla capacità di affermare il proprio punto di vista senza prevaricare quello degli altri. Oppure “Party Tiger”, che incoraggia a entrare in contatto con i coetanei in modo sano e diretto, senza il filtro dei social».
Restituito così, Unplegged sembra tradurre una sorta di educazione alle emozioni e alla loro espressione, senza la paura di essere giudicati, sviluppando la forza di opporsi alla trappola delle dipendenze. Tanto insidiosa quanto si è più fragili, bisognosi di essere accettati o di colmare il buco di una qualche mancanza. E la fragilità sembra descrivere un orizzonte comune agli adolescenti di oggi. Si cresce più in fretta, bombardati da stimoli e pulsioni, ma poi non si sa come maneggiare la propria età.
Ragazzi fragili
«Se i ragazzi di oggi sono più fragili degli adolescenti di un tempo? Sì e molto». Premette di rispondere a titolo personale, la prof Ragonese, che non si sottrae a una domanda scomoda. Una domanda che interroga gli adulti, la scuola e la società tutta. Perché i nostri ragazzi sono così spavaldi e insicuri? «Nella maggior parte dei casi per l’assenza di riferimenti adulti, di una famiglia che s’interessi alla loro vita. La competenza sociale e l’intelligenza emotiva vanno coltivati nel tempo, e se la famiglia, la prima centrale educativa, è manchevole, allora i ragazzi sono più esposti. La scuola? In quanto luogo di formazione, vuole farsi carico di questa opportunità. Noi non ci tiriamo indietro».
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