L’università progetta l’Italia da remoto, Mantova Lab al lavoro da Venezia a Napoli
Il Politecnico oltre alla didattica prosegue anche con la ricerca, con il vantaggio di essere abituato a lavorare online
Igor CipollinaMANTOVA. Pensare che da Mantova si contribuisca al progetto della metropolitana di Napoli, o si sia coinvolti nella “mappatura” della basilica di San Marco, è già una piccola vertigine. Pensare che si riesca a farlo da remoto, adesso che la minaccia del contagio ha congelato gli spostamenti, accelera lo stupore. Perché non di sola teledidattica vive l’università svuotata dei suoi studenti, c’è anche la ricerca, che deve andare avanti nonostante il virus. Così anche quella condotta dal Mantova Lab, nel perimetro della scuola di architettura del Politecnico.
A raccontare di come si sono organizzati in questa bolla di tempo interrotto, col fiato del mondo sospeso, è il responsabile scientifico del laboratorio, il prof Luigi Fregonese. Passo indietro: di cosa si occupa esattamente il Mantova Lab? «L’attività di ricerca si svolge in vari ambiti legati allo studio, la tutela, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico e dell’ambiente».
Nello specifico, l’unità Heritage survey technology (Hesutech) «è orientata allo sviluppo e alla sperimentazione di tecnologie per il rilievo, la rappresentazione, la catalogazione e la gestione dei dati delle architetture e dell’ambiente». Così attraverso l’elaborazione di modelli tridimensionali per il patrimonio culturale (Heritage building information modeling), «implementati a partire da database spaziali acquisiti con tecniche Ibm (Image based modeling) o basate sull’utilizzo di laser scanner».
«Il Mantova Lab opera ormai da anni con una struttura orientata nella gestione in cloud dei progetti – riferisce Fregonese – per cui la trasformazione dell’attività nell’emergenza in corso non ha fermato le attività, soprattutto nella sede del Polo sempre presidiata dal personale tecnico – Abbiamo i server dei dati collocati sul territorio italiano in più sedi a Mantova, Milano e Napoli nei quali concentriamo e teniamo in controllo continuo i dati delle ricerche acquisite dai gruppi».
Tra le ricerche in corso, quelle nel patriarcato di Venezia, per completare il modello tridimensionale dell’intera superficie musiva (a mosaico) della basilica di San Marco, e nei cantieri della metropolitana di Napoli per le stazioni di piazza Municipio e Duomo, per il recupero e il successivo riposizionamento dei reperti archeologici affiorati durante gli scavi. A cui si è aggiunto di recente il progetto per la conservazione e il restauro della Venaria Reale (Torino): altro nodo collegato alle rete di server.
Nella fase attuale sono dieci le persone sulle cui gambe la ricerca continua a camminare: a condividere con Fregonese la responsabilità dei progetti è il prof Andrea Adami, ci sono poi Laura Taffurelli e Filippo Patuzzo dello staff tecnico del Polo di Mantova, i ricercatori Jacopo Helder (San Marco), Mara Gallo e Simona Scandurra (Napoli), Silvia Chiarini come tecnico esterno, i dottorandi di ricerca del Polo Daniele Treccani e Olga Rosignoli. Connessi da Mantova, Venezia, Verona e Brescia.
«Questa modalità di ricerca ci permette di lavorare serenamente, senza ostacoli – riferisce Fregonese – Con la preoccupazione, però, ci facciamo i conti quotidianamente. Non tanto per l’isolamento, ma per quello che ci sta intorno, per la malattia e lo sfilacciamento delle relazioni. Ne parliamo sempre nel corso dei nostri dialoghi, e non affrontiamo la cosa con lo spirito dell’“andrà tutto bene”. Sentiamo tutti il peso di ciò che circonda». L’affanno del mondo ora che ha rallentato la sua corsa.
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