Cooperative sociali a rischio estinzione tra costi in aumento e attività bloccate
Federsolidarietà e Confcooperative: in prima linea nei servizi Già chiesti ammortizzatori per oltre la metà degli occupati
Monica VivianiMANTOVA. Il dato nudo e crudo già parla da solo: 24 su 35 cooperative sociali aderenti a Federsolidarietà-Confcooperative hanno chiesto gli ammortizzatori per 1.431 lavoratori, più della metà dei 2.733 occupati. Se poi si aggiungono i costi fissi dei servizi chiusi causa Covid-19, l’aggravio di quelli per le attività essenziali che hanno continuato ad operare e la situazione economica già critica prima della pandemia: il quadro che emerge è di un settore che rischia di non sopravvivere all’emergenza. E con lui «quel prezioso capitale sociale che da sempre immettiamo nelle comunità, stando vicini ai bisogni delle persone e delle famiglie e attivandoci per dare risposte con servizi e progettualità innovative».
A lanciare l’allarme è Monica Ploia, presidente del consiglio provinciale di Federsolidarietà: «Nei bilanci delle nostre organizzazioni - sottolinea – non ci sono riserve così significative per far fronte al periodo di grave crisi che stiamo attraversando. Lavoriamo con marginalità bassissime e le nostre organizzazioni vivono spesso grazie alla raccolta fondi».
Tra lockdown e servizi essenziali
Un mondo, quello delle cooperative sociali, che in questi mesi ha da una parte dovuto coniugare la brusca interruzione di servizi e attività educative, socio-sanitarie e assistenziali (come asili nido, parte dei servizi diurni per disabili, servizi educativi per minori e giovani, mense scolastiche) con la necessità di sostenere comunque costi fissi pesanti e dall’altra è rimasta in prima linea, garantendo pulizie in ospedali e aziende, assistenza domiciliare ad anziani e malati, accoglienza in comunità per minori e in strutture residenziali per persone disabili o con gravi disturbi psichici, attività di agricoltura sociale, servizi di supporto psicologico.
Ammortizzatori e costi in aumento
Oggi la crisi si è tradotta in 23 cooperative che hanno fatto richiesta di ammortizzatori sociali per 1.431 lavoratori, per 310.870 ore fino ad aprile, ma con la prospettiva che anche maggio sia altrettanto compromesso. Intanto i servizi rimasti attivi, a fatica si destreggiano tra una necessaria ma onerosa riorganizzazione e un significativo aumento dei costi anche solo per reperimento, acquisto e smaltimento dei dispositivi di sicurezza. «Segnaliamo una grave difficoltà – denuncia Emanuele Gollini, direttore di Confcooperative Mantova – nel reperimento dei dispositivi e l’assoluta solitudine nella quale è stata lasciata la cooperazione sociale, impegnata in prima linea a svolgere servizi in ambito sociale e socio-sanitario». Da tutto questo nasce l’appello lanciato insieme ai sindacati il 24 aprile a prefetto, Provincia, sindaci, rappresentanti locali dell’Anci. «Abbiamo diramato a tutte le istituzioni pubbliche mantovane – racconta Gollini – una nota congiunta di tutte le rappresentanze dei lavoratori di Cgil, Cisl, Uil e delle due maggiori centrali cooperative, Confcooperative e LegaCoop, per rappresentare la grave difficoltà e chiedere il sostegno per le cooperative sociali con l’applicazione dell’articolo 48 previsto dal decreto Cura Italia e il necessario riequilibrio delle convenzioni in essere».Tra le richieste, quella di «corrispondere quanto definito da convenzioni di contratti dei servizi, ancorché chiusi o sospesi dai provvedimenti nazionali, anche attivando i previsti percorsi di co-progettazione finalizzati alla ridefinizione dei servizi».
La crisi pregressa
E si tratta di una crisi che si abbatte su una situazione economica già critica. «Buona parte della cooperazione sociale ha resistito con determinazione e spirito di sacrifico alla crisi economica precedente, ma ora rischia di non farcela – aggiunge Monica Ploia – Già prima dell’emergenza era in corso la revisione delle convenzioni con le pubbliche amministrazioni per il rinnovo del contratto collettivo, non ancora acquisito in diversi casi. Stavamo già lavorando in una situazione molto difficile, e a questo ora si aggiungono i maggiori costi per garantire la sicurezza dei lavoratori o la sospensione delle attività».
Servizi da ripensare per il futuro
In queste settimane le cooperative presenti nei Comuni non hanno smesso di gestire i servizi essenziali riorganizzando le attività anche on line e ogni giorno raccolgono gli Sos di famiglie alle prese con gestione dei figli e rientro al lavoro, bisogno di sostegno per disabilità, lutti, malattia, emozioni che la pandemia ha provocato in bambini e adulti. Una domanda che vede il mondo della cooperazione sociale interrogarsi sul futuro dei servizi, immaginandone di nuovi. «Siamo pronti – conclude Ploia – a co-progettare insieme a istituzioni pubbliche, altre realtà associative, mondo ecclesiale e famiglie. Crediamo in una ripresa fondata su un’economia sostenibile, in un circolo virtuoso che unisce le risposte ai bisogni di cura delle persone, della terra e di investimento nelle nuove generazioni ai bisogni di investimento in lavori essenziali».
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