In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Coronavirus, al palo i prestiti alle imprese mantovane: montagne di garanzie e tempi biblici

Industriali, artigiani e commercianti: è rimasta la vecchia burocrazia. Il 21 maggio flash mob di protesta dei negozianti in centro città

Monica Viviani
3 minuti di lettura

MANTOVA. Ostacoli burocratici a non finire, montagne di documenti da presentare, richieste di garanzie a volte anche incomprensibili ma legate alle responsabilità lasciate in capo agli istituti di credito, attese che si sommano mentre il tempo per ripianare i conti e provare davvero a ripartire è ridotto al lumicino. Il problema c’è e riguarda tutte le imprese: i finanziamenti Covid-19 garantiti dallo Stato non arrivano o vengono erogati col contagocce. È così ovunque e la provincia di Mantova non fa eccezione come testimoniano le associazioni di industriali, artigiani e commercianti cui non resta che confidare nel correttivo al decreto liquidità con l’annunciata corsia veloce per i prestiti.

Gli industriali

«Sulla liquidità abbiamo posto l’attenzione da subito – ricorda il presidente di Confindustria Edgardo Bianchi – Era palese che sarebbe stato uno principali driver per una ripresa rapida. Invece riscontriamo oggettive difficoltà nell’erogazione del credito. Sulla carta, tra Cura Italia e decreto Liquidità, e senza ancora considerare il dl Rilancio, ci sono circa 450 miliardi di euro di garanzie pubbliche attivabili dalle imprese. Un valore cinque volte superiore a quello di fine 2019, che riteniamo congruo in una situazione eccezionale. Nella pratica però, stando ai dati diffusi dalle banche, finora siamo sotto al miliardo erogato. Chiediamo due condizioni essenziali: la certezza dei tempi di erogazione, che per decreto non dovrebbero superare i 15 giorni, e che la procedura venga snellita e semplificata; non possiamo perderci in burocrazia. Gli imprenditori devono essere messi nelle condizioni di recuperare il tempo perso rispetto ai competitor internazionali».

Giorgio Luitprandi, presidente del comitato Piccola industria di Confindustria, rimarca: «Il Fondo di garanzia per le Pmi dovrebbe essere uno strumento capace di garantire fino a 100 miliardi di euro di liquidità, utilizzabile per le imprese fino a 499 dipendenti. Ad oggi però queste risorse sono state finanziate solo per 3,95 miliardi, di cui erogati qualche centinaia di milioni». Le difficoltà e i tempi lunghi «sono per lo più dovuti – spiega la presidente di Apindustria Elisa Govi – alla richiesta di un numero elevato di documenti, di dati previsionali su fatturato e sviluppo difficili da fornire in questo momento di incertezza. Questo sta penalizzando maggiormente chi non faceva export, ma anche chi lavorava con l’estero che vista l’incidenza dei contagi nel nostro Paese ora si ritrova con sempre meno certezze per il futuro della sua attività. Come associazione stiamo facendo un lavoro di “rating” per indicare alle imprese le banche più adatte alle loro esigenze e con iter più snelli a secondo del finanziamento richiesto».

Ma al momento «almeno il 50% delle imprese – conferma Alessandra Tassini del settore Credito di Api – ha già fatto richiesta per i prestiti garantiti dal fondo centrale Pmi e da Sace e nessuna è ancora giunta al termine della procedura anche per intoppi tecnici legati al portale che deve processare le domande. E per quanto riguarda i 400 milioni di finanziamenti, a Mantova ancora nessuna impresa ha piantato la bandierina».

Gli artigiani

Stesse scene di code virtuali e vane attese tra gli artigiani. «Da un nostro sondaggio risulta che solo il 2-3% delle nostre imprese ha ottenuto il finanziamento da 25mila euro – ci informa il presidente di Confartigianato Lorenzo Capelli – a causa di burocrazia, istruttorie complesse, iter vecchi e una serie di controlli che implicano lungaggini impensabili. Per gli altri finanziamenti si parla di miliardi, ma le aziende non hanno ancora visto nulla e prevediamo tempi lunghi che il sistema economico non è in grado di sopportare. Serve una mossa: concretezza, certezze e dinamicità. Come ad esempio sta facendo il Comune di Pegognaga che ha deciso di stanziare 150mila euro per finanziamenti in conto esercizio, non a pioggia ma per le attività in difficoltà, con un iter snello e e veloce. È questa la filosofia che vorremmo fosse applicata anche su larga scala, l’unica che può salvare il mondo economico».

In questo momento «le banche – spiega poi la direttrice di Cna Elisa Rodighiero – temono che in caso di insolvenza lo Stato non le risarcisca se l’analisi di credito non è stata adeguata. Così vengono chiesti anche documenti aggiuntivi non previsti dal decreto. Speriamo nella modifica al decreto Liquidità che togliendo questa responsabilità alle banche, cancellerebbe anche una montagna di carte da presentare e velocizzerebbe i prestiti. Se poi guardiamo ai finanziamenti fino a 800mila euro la situazione al momento è drammatica, spesso alla richiesta di accesso al credito presentata dalle imprese non arriva neppure una risposta».

I commercianti

Il grido d’allarme del commercio avrà il 21 maggio la sua espressione nel cordone umano che alle 10 in centro città darà vita a un flash mob: non un corteo, ma ognuno davanti alla sua vetrina, tutti legati da un nastro da cantiere bianco e rosso. «Il mostro della burocrazia, invece che afflosciarsi in un momento di emergenza, si autoalimenta – denuncia Nicola Dal Dosso, direttore di Confcommercio e di Confiditer – la situazione è drammatica. Solo negli ultimi giorni c’è stata un’accelerazione nella lavorazione delle innumerevoli di richieste dei prestiti agevolati da 25mila euro. Ma si sono accatastati ritardi su ritardi. Ci scontriamo con un sistema farraginoso che lo rende inadeguato e incapace di dare risposte concrete. E anche il recente decreto Rilancio per diventare operativo necessita di oltre 90 decreti attuativi: le misure sulla carta ci sono, ma non basta scrivere le leggi, vanno rese operative».

Il sistema bancario «ha qualche responsabilità per i tempi – fa infine presente il direttore di Confesercenti Davide Cornacchia – ma lo strumento delle garanzie doveva prevedere la sua deresponsabilizzazione con una modifica delle norme del merito creditizio. Non c’è stato e il sistema si è arenato. Ora c’è una leggera ripresa perché la macchina si è assestata, ma con un ritardo di mesi che si accumula con i ritardi dei dispositivi di riapertura. Chi cercava il finanziamento dai 25mila euro lo faceva con l’obiettivo di riaprire, la liquidità serviva a far fronte alle ulteriori spese per la sicurezza e la sua mancanza ha impedito la ripartenza. Sono stati usati strumenti vecchi per una cosa che nessuno conosceva, mentre in altri Paesi hanno optato per il fondo perduto che noi chiedevamo. Oltre agli strumenti non adeguati, anche la confusione nella comunicazione è stata devastante».


 

I commenti dei lettori