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Gli archeologi sugli scheletri: «Fossa comune, non cimitero»

La Sovrintendenza: resti di persone morte per un evento come un’epidemia. Gli esperti escludono che l’area del ritrovamento rientrasse nella zona ebraica

Nicola Corradini
1 minuto di lettura

MANTOVA. «Siamo davanti a scheletri di individui che morirono probabilmente a seguito di un singolo evento – come un’epidemia di peste – e che furono sepolti insieme in una fossa scavata appositamente. Nulla a che vedere, pertanto, con il rituale funerario caratteristico della religione ebraica». Come dire: l’antico cimitero ebraico che sorgeva aldilà del confine di via Argine Maestro, nell’area di San Nicolò, non c’entra. Con una nota nutrita e dettagliata la Sovrintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova interviene sul ritrovamento di antichi resti umani avvenuto a inizio settimana nel cantiere dell’ex Ceramica. Un ritrovamento che, considerando la storia di questa zona non può non far sorgere delle domande. Cosa che la Gazzetta ha fatto nell’edizione in edicola mercoledì.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Scheletri nell’ex ceramica: sono in un zona che fu ebraica]]

«Il settore attualmente soggetto a indagine archeologica – risponde la Sovrintendenza – nel quale sono venuti alla luce i resti, è situato appena a nord dell’ex Ceramica, tra l’edificio e via Santa Marta. Si trova pertanto al di fuori dell’antico cimitero ebraico, che occupava parte dei terreni posti nell’area di San Nicolò, al di là dell’attuale via Argine Maestro e oltre un muro di recinzione riportato anche nei catasti storici. È possibile che l’area degli scavi si collochi nello spazio occupato un tempo dalle ortaglie annesse alla scomparsa chiesa di Santa Marta e che effettivamente entrarono a un certo punto nella proprietà dell’Università degli Ebrei. Tali terreni, però, furono gestiti come spazi ortivi e dati in affitto a privati, come dimostra una nutrita serie di documenti di contratto conservati negli archivi. Sovrintendenza e archeologi hanno svolto uno studio preliminare approfondito sull’antica storia e topografia di questa zona».

«Fin dall’inizio dei lavori – prosegue la nota – e proprio perché consapevole della delicatezza dell’area, la Sovrintendenza ha coordinato l’indagine con la massima cautela e attenzione, insieme ai responsabili del Comune e agli archeologi che lavorano sul campo con grande professionalità. I lavori procedono e al momento non è emerso alcun elemento che possa fare ipotizzare un utilizzo dell’area come parte del cimitero ebraico: non sono presenti né frammenti di lapidi né iscrizioni (...). Occorreranno più dati per poter datare con precisione la fossa e i suoi occupanti e comprendere meglio a quale traumatico accadimento storico vada ascritta la loro morte. Si prevede già di divulgare il risultato di tutte queste indagini, insieme alle altre informazioni provenienti dallo scavo dell’ex Ceramica, ma ciò potrà avvenire solo a lavoro ultimato: sono frammenti preziosi della millenaria storia mantovana, una storia che, come Sovrintendenza, tuteliamo col massimo impegno perché possa essere conosciuta da ogni cittadino».

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