In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Aria condizionata e divieti: è rebus negozi

L’ordinanza regionale bandisce il ricircolo dell’aria ma non è così automatico. Zolezzi: «Privilegiate la ventilazione naturale»

1 minuto di lettura

MANTOVA. «Favorire il ricambio d’aria negli ambienti interni ed escludere totalmente, per gli impianti di condizionamento, la funzione di ricircolo dell’aria». Così ordina Regione Lombardia per tutte le attività commerciali, alimentando l’incertezza di negozianti, ristoratori, parrucchieri ed estetisti. Tutti d’accordo che la priorità sia scongiurare la ripresa del contagio, ma disorientati da un obbligo di difficile traduzione. Primo, perché escludere la funzione di ricircolo dell’aria non è così semplice come schiacciare il bottone sul cruscotto di un’auto, spesso serve l’intervento di un manutentore, e, per alcuni impianti, potrebbe non essere comunque possibile. Morale, qualche negoziante, di fronte ai primi controlli della polizia locale, ha preferito spegnere tutto. Non si sa mai. Il guaio è che soffia già un caldo estivo difficile da sopportare senza un alito di fresco artificiale. Con la mascherina, poi.

Ma perché è bene tenere a freno l’aria condizionata? A fornire una spiegazione è Alberto Zolezzi, pneumologo e deputato del Movimento 5 Stelle, già intervenuto sugli studi che hanno trovato correlazione fra particolato e diffusione/gravità del virus. «Il virus ha le spicole, si attacca con i suoi ami a polvere, deiezioni animali, incenso e quant’altro – avverte – Questo mi dicono i vari ricercatori che lo stanno studiando». Cita Zolezzi un studio di Patrick Amoatey, pubblicato su “Science of the total environment” il 12 maggio, che riporta dati drammatici relativi al clima mediorientale: «La temperatura calda spinge al condizionamento dell’aria negli spazi interni, che favorisce la proliferazione del virus trasportato dall’incenso spesso usato al chiuso in quelle zone – riassume Zolezzi – Lo studio suggerisce di aumentare la ventilazione degli spazi interni, in particolare in modo naturale». Lo pneumologo-deputato mette in fila altri studi, come quello di Indraganti e Boussa, secondo cui la temperatura di 23,1 gradi in buona parte degli uffici pubblici può costituire un fattore di attivazione virale. «Il condizionamento in luoghi pubblici ad alta frequentazione può peggiorare la situazione – ripete Zolezzi – Cosa consiglio? Usate l’aria condizionata nelle abitazioni quando serve, ma negli spazi pubblici va privilegiata la ventilazione naturale e, come scritto nelle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, evitato il ricircolo di aria. La temperatura non deve essere troppo bassa, dai 24 gradi in su».

Il caldo e la luce solare dovrebbero indebolire il coronavirus, «ma teniamo conto della casistica e della specificità lombarda, che a breve avrà un clima mediorientale, e rimuoviamo i fattori di rischio fra cui l’inquinamento. Oppure chiudiamoci in gabbia, sperando che qualche altra specie animale ci porti le noccioline». —

Ig.Cip


 

I commenti dei lettori