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La benefattrice mantovana che aiuta i giovani nel nome del figlio

Elisa Provasoli Ghirardini resta un esempio di altruismo: col suo lascito altre borse di studio dedicate ad Adolfo Sissa

Sandro Mortari
3 minuti di lettura

MANTOVA. «Duce, qui manca l’alcol e per disinfettare le ferite dei soldati sto usando la mia acqua di colonia, che sta per finire». Quella giovane crocerossina che si rivolse con tono deciso a Mussolini, in visita all’ospedale militare in Albania nel 1941, disorientò i generali. Quando il duce se ne andò fu pesantemente redarguita dagli alti gradi: «Lei è una sfacciata» si sentì apostrofare. Eppure, qualche giorno dopo l’alcol arrivò e le crocerossine riuscirono a salvare le vite di molti feriti che giungevano dal vicino fronte di guerra.

Quella donna forte e coraggiosa, come la ricordano in tanti a dieci anni dalla morte avvenuta il 25 giugno 2010, che non si è mai fermata di fronte a qualsiasi difficoltà se questo serviva per il bene degli altri, era Elisa Sissa Provasoli Ghirardini, benefattrice e filantropa. La quale anni dopo, da una delle tragedie peggiori che possa capitare, quella di sopravvivere al proprio figlio, l’unico, trasse spunto per aiutare il prossimo.

In memoria di lui, Adolfo Sissa, architetto morto tragicamente a 28 anni in un incidente stradale, ha lasciato 100mila euro alla Fondazione università di Mantova per finanziare borse di studio destinate a studenti iscritti alla laurea magistrale in architettura: una mano per completare il loro percorso universitario.

L’idea le venne nel 2008 quando aveva 97 anni, ma già da anni stava aiutando gli altri nel ricordo del figlio. Nel 2009 aveva già consegnato le prime due borse di studio sperimentali da 5mila euro l’una ad altrettanti laureati triennali in architettura. Dopo la morte a 99 anni, il suo lascito si è trasformato in borse di studio vere e proprie intitolate al figlio Adolfo Sissa. Ad assegnarle la Fondazione universitaria mantovana che, nel 2013, ha nominato una commissione adesso formata da Vittoriano Razzini, Livia Bianchi, la nipote, docente del dipartimento di medicina sperimentale all’ateneo di Pavia, e Barbara Bogoni del Politecnico di Milano. Da allora sono state assegnate 28 borse di studio (il 75% a donne) e quest’anno è stato varato l’ottavo bando per altre quattro.

Ad occuparsi degli altri Elisa continuò anche dopo la guerra. Si sposò con il notaio Cesare Sissa e nel 1948 nacque Adolfo. Seguirono anni felici dedicati alla famiglia. Negli anni 60 si fece imprenditrice seguendo la costruzione e poi gestendo l’hotel Mantegna a Mantova. Adolfo, fin da piccolo, si dimostrò creativo, con un accentuato talento artistico e forte spirito sociale. Al liceo strinse una solida amicizia con Ernesto Scattolini, che poi sarà sindaco di Roverbella e affermato professionista, laureandosi insieme a pieni voti in architettura, nel 1973, all’università Cà Foscari di Venezia con il professor Carlo Scarpa. Nel 1974, dopo aver sostenuto l’esame di Stato, Ernesto e Adolfo aprirono a Mantova uno studio, iniziando un percorso professionale comune purtroppo breve.

Il 7 maggio 1976 la tragedia che segnò Elisa per il resto della vita. Adolfo morì in un incidente stradale, travolto da un trattore alle porte di Moglia, dove stava recandosi per un appuntamento di lavoro. Un colpo durissimo dal quale sembrava impossibile riprendersi e invece Elisa, con il suo animo generoso e combattivo, sorretta da una profonda fede, trasformò il suo dolore in amore per il prossimo. Ad aiutarla oltre alla famiglia fu un padre della Sacra famiglia di Nazareth di San Giovanni Battista Piamarta, un congregazione di Brescia che aveva un cascinale diroccato a Palidano, accanto all’istituto agrario.

Nel 1980 la svolta. In memoria di Adolfo, Elisa ristrutturò a proprie spese quell’immobile trasformandolo in un convitto che poi i padri di Piamarta gestirono. Da quel momento l’opera filantropica di Elisa prese una dimensione internazionale. Nel 1980 in Brasile, a Fortaleza, sostenne la missione dei Piamarta dapprima contribuendo alla realizzazione di una mensa per i bambini delle favelas e poi finanziando l’apertura di una scuola professionale, sulla falsariga del Centro professionale bresciano degli Artigianelli fondato dal sacerdote Piamarta, dove i ragazzi potessero imparare un mestiere.

In Brasile Elisa tornava quasi ogni anno fino al 1994 e a Fortaleza, con i suoi bambini, avrebbe voluto festeggiare il secolo di vita. Il destino volle diversamente. Alla sua morte, con testamento del 26 luglio 2008, lasciò 100mila euro all’università di Mantova per istituire borse di studio per gli studenti che si iscrivevano alla laurea magistrale in architettura e nel 2012 venne consegnato l’assegno nelle mani dell’allora presidente della Fum Giuseppe Pacchioni: a farlo furono la nipote Livia Bianchi, l’esecutore testamentario Fulvio Turci, l’amico Ernesto Scattolini. A loro Elisa affidò il compito di proseguire la sua opera filantropica.

Il resto è storia recente. Nel 2013 la Fum istituì una commissione per le borse di studio Adolfo Sissa e varò un regolamento, modificato sei volte per rendere sempre più coerente la volontà testamentaria di Elisa con la realtà accademica della facoltà di architettura che, nel frattempo, con la cattedra Unesco, si era aperta al mondo. A presiederla fu nominato l’allora vicepresidente della Fum Razzini. Il lascito si esaurirà fra tre anni e allora, sogna la commissione, sarebbe bello scattare una foto di gruppo con le decine di architetti che hanno beneficiato della generosità di Elisa: idealmente, al centro, dovrebbe esserci lei con il piccolo Adolfo sulle ginocchia.

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