Letti ancora vuoti e ricoveri difficili, è allarme nelle Rsa
La Cgil: «L’emergenza non è finita, strutture in difficoltà». Iter lungo per i nuovi ospiti e un operatore su cinque è in regime di fondo integrativo salariale
Roberto BoMANTOVA. Le cifre dell’emergenza Covid, almeno quelle relative al numero dei positivi all’interno delle Rsa, hanno fatto registrare un decisa frenata rispetto ai mesi di marzo e aprile.
Ma non lo stesso si può dire per i numeri dei posti letto occupati e del personale sanitario finito improvvisamente in regime di Fis (fondo integrativo salariale).
La denuncia che l’emergenza Covid ha il suo strascico al di là dei numerosi contagi (più di mille infettati e centinaia di decessi) arriva dalla Cgil attraverso un quadro a tinte fosche rappresentato da Magda Tomasini della Funzione pubblica: «Oggi le 55 strutture della provincia di Mantova si ritrovano con 972 posti vuoti, su 4.080 totali, e con i nuovi ingressi che stanno procedendo con il contagocce a causa delle complicate procedure previste dalla nuova delibera regionale».
In questo modo, spiega la rappresentante della Cgil, le case di riposo e le Rsa possono contare su meno introiti provenienti dalle rette degli ospiti, senza considerare il problema dell'aumento dei costi dovuti per l'acquisto dei Dispositivi di protezione individuale e per il rispetto di tutte le procedure e i protocolli anti covid.
«Questa situazione sta creando un grave problema di tipo occupazionale -–riattacca Magda Tomasini – e a oggi abbiamo, in provincia di Mantova, 750 operatori in Fis (Fondo Integrativo Salariale) su 2.900 che operano nelle 55 strutture del territorio mantovano. Il dato è aggiornato a venerdì scorso, ma la situazione è in continua evoluzione peggiorativa, nel senso che aumentano le persone in Fis».
Ma l’emergenza non si ferma qui, perché un altro grave problema è rappresentato dalle difficoltà di nuovi ingressi nelle Rsa da parte degli anziani. Una procedura lunga è complessa perché, spiega la Cgil, prevede che il nuovo ospite segua un preciso percorso con test sierologico, percorso di isolamento fiduciario di 14 giorni, tampone e ingresso. Questo percorso può essere a carico dell'ente gestore della Rsa oppure del medico di medicina generale. «Ma succede anche – riprende l’esponente Cgil – che l'ente gestore, sospettando che l’ospite non abbia seguito l’iter corretto, decida di riproporre l'iter con altri 14 giorni di isolamento, stavolta in una struttura dove viene trattato in isolamento con tutte le precauzioni del caso. Se poi, al termine del percorso, risulta negativo al tampone allora l'ingresso viene completato e l'ospite trattato in regime ordinario, come gli altri». In sostanza, calcola la Cgil, serve un mese per fare un ingresso. Il percorso è ancora in progress ed è attivo un tavolo di confronto fra Ats, Asst e enti gestori delle strutture per cercare di gestire le criticità e risolverle. «Confidiamo – dice ancora Tomasini – nella nuova delibera di Regione Lombardia che dovrebbe avvenire i primi giorni di agosto. È necessario un aiuto concreto e un percorso più snello».
Oltre agli ingressi al rallentatore, la Cgil pone l’accento anche sui costi di gestione che sono lievitati e sulla chiusura di attività come centri diurni che garantivano una quota di introiti agli enti gestori delle Rsa. «Un grande problema – sottolinea Tomasini – è il carico dei costi perché tutto il percorso è sulle spalle dell'ente gestore che ha speso già molti soldi per i Dpi e si ritrova con molti posti letto vuoti da 4 mesi e servizi integrati esterni, come centri diurni, chiusi dal 23 febbraio. Ad oggi la Regione non ha contribuito a sostenere le spese e i mancati introiti delle varie Rsa e nessuna risposta è ancora arrivata, sempre dalla Regione, in merito alla proposta di pagare i posti vuoti come pieni. Alcune strutture, per fare un esempio, stanno facendo i conti con mancati introiti mensili per oltre 90mila euro».
Al momento, fa sapere la Cgil, 750 operatori si trovano in Fis e molti di loro si trovano in difficoltà economica poiché non tutti gli enti sono disposti ad anticipare il Fis e, in ogni caso, la retribuzione è ridotta fino al 65% dello stipendio normale. Infine il problema della fuga degli infermieri dalle case di riposo verso il pubblico, dove le condizioni contrattuali e i trattamenti economici sono migliori.
I commenti dei lettori