La Cavicchini costruzioni di Bagnolo getta la spugna: dichiarato il fallimento
Debiti per sette milioni e niente White list. L’azienda presa in affitto dal figlio del titolare per provare a continuare
Francesco RomaniBAGNOLO SAN VITO. Un’altra ditta “storica” del settore edilizia e movimento terra costretta a gettare la spugna per i morsi della crisi. Stavolta è toccato alla Cavicchini costruzioni generali. Una società che era sul mercato dalla fine degli anni ’80. Operativa da oltre trent’anni, soprattutto nel settore dei lavori idraulici, specializzata nella costruzione e nella sistemazione di argini e terrapieni. Un lavoro strategico, compiuto nella maggior parte dei casi per enti pubblici, a partire ovviamente dall’Aipo, l’Agenzia interregionale per il Po. Una specializzazione alla quale nel tempo si erano affiancate anche opere stradali, soprattutto ponti e viadotti per quanto riguarda la parte di costruzione delle rampe.
Nonostante le competenze nel settore e le capacità date dal parco mezzi, la ditta, capitalizzata da oltre 50mila euro di conferimenti dei due soci al 50% Gaetano Cavicchini e Mara Scibilia, era entrata negli scorsi anni nel tunnel della crisi. Sfavorita da alcuni fallimenti di aziende con le quali lavorava che hanno creato un “effetto domino” difficile da contenere. Producendo un calo di fatturato ed una riduzione della marginalità e dei guadagni.
A questo elemento si era aggiunta un'ulteriore mazzata. L'esclusione dalla white list, l’elenco tenuto dalla Prefettura delle ditte che possono lavorare con enti pubblici in quanto non toccate in nessun modo dal rischio di infiltrazione mafiosa. Per essere ammessi alla lista occorre non avere avuto rapporti con persone o ditte facenti parte della malavita organizzata di stampo mafioso.
L'esclusione era arrivata 2018, motivata da una intercettazione avvenuta dieci anni prima che avrebbe dimostrato rapporti con l’imprenditore calabrese Massimo Siciliano, poi arrestato nel 2012. «Il sistema di esclusione della white list è cautelare: non funziona sulla base di prove. Non c’è alcun reato che abbiamo compiuto - aveva spiegato lo stesso Cavicchini - Avere contatti con ditte calabresi è normale (Siciliano aveva una ditta a Dosolo e aveva lavorato a Quistello, ndr): ma un’azienda non è la polizia. Io l’ho saputo dopo anni che quella ditta era accusata di mafia».
Ma quella decisione aveva pesato oltremodo sui fatturati generando debiti per circa 7 milioni di euro. Alla fine il ramo d’azienda, con la decina di operai, è stato affittato un anno fa nel alla Idro-Land srls, con socio unico il figlio del proprietario, Alessandro Cavicchini. E sarà il curatore fallimentare, Antonio Pavesi a gestire i destino della Cavicchini, ormai svuotata del ramo aziendale.
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