Due sacche dal Poma a Piacenza Il plasma salva un 62enne grave
Un dirigente contagiato da Covid-19 rimane intubato per due mesi all’ospedale emiliano Il fratello chiede l’infusione. I medici: «Da noi non si può». E lui telefona a De Donno...
Roberto Bola testimonianza
mantova
Salvato da due sacche di plasma iperimmune targate Mantova che il Carlo Poma ha spedito d’urgenza all’ospedale di Piacenza dove da due mesi era ricoverato con gravissime ripercussioni respiratorie provocate dal contagio da Covid-19.
Il plasma donato dai pazienti convalescenti mantovani è stato infuso in 48 ore: sei giorni dopo il paziente non aveva più febbre e i sanitari hanno iniziato lo svezzamento dalla ventilazione assistita.
Una storia a lieto fine, che vede per protagonista un piacentino di 62 anni, Bruno Falanga, ex dirigente alla Bio-Tech di Piacenza e oggi libero professionista. Lunedì scorso è stato dimesso dalla clinica Maugeri di Piacenza dove era ricoverato per la riabilitazione.
«Ora sta bene, non ha avuto conseguenze o complicazioni a livello neurologico e gli rimane solo da fare qualche esercizio fisico per riprendere la normale attività motoria» spiega Massimiliano Falanga, direttore dell’associazione industriali di Cremona che dalla fine di marzo si è fatto in quattro per aiutare il fratello nella lotta al coronavirus.
«Sono stato contagiato anch’io – confessa – ma in forma molto leggera. Mio fratello è stato più sfortunato di me, ma per fortuna alla fine è andato tutto bene. E di questo devo ringraziare Mantova, il suo ospedale e soprattutto i medici Giuseppe De Donno e Massimo Franchini. Spero di poterli incontrare al più presto insieme a Bruno per ringraziarli di persona».
Ma non è stato per nulla facile far arrivare le due sacche di plasma iperimmune da Mantova a Piacenza. L’ospedale emiliano non ha mai aderito (come del resto l’Emilia Romagna) al protocollo sul plasma da donatore convalescente scritto dal pool di medici del Carlo Poma e del policlinico San Matteo di Pavia.
E così alla prima richiesta per il fratello, Massimiliano Falanga ha trovato la porta sbarrata.
«Mio fratello è stato contagiato una settimana dopo di me. Io in forma lieve, lui con il passare dei giorni è peggiorato. Prima del ricovero – riprende il direttore degli Industriali di Cremona – aveva solo un po’ di febbre ma con il passare dei giorni vedeva che il saturimetro dava risposte e valori sempre più preoccupanti. A quel punto è scattato il ricovero a Piacenza. Prima assistito con la ventilazione, la situazione è andata via via peggiorando. Ai primi di aprile lo hanno intubato e così è rimasto sino a fine maggio. All’ospedale di Piacenza lo hanno trattato con i farmaci ma le sue condizioni non miglioravano. All’inizio di maggio i medici mi dicono che si è negativizzato ma era da considerare ancora grave anche a causa dell’insorgenza di un enterobacter. E la febbre non andava via».
A quel punto Massimiliano Falanga chiede all’ospedale di Piacenza la possibilità di utilizzare il plasma iperimmune. «Mi hanno subito risposto che non si poteva fare, perché loro non avevano aderito al protocollo sperimentale di Mantova e Pavia».
Il direttore di Assindustria cremonese allora chiama alcuni conoscenti mantovani che lo mettono in contatto con De Donno e alla fine riesce a convincere l’ospedale di Piacenza ad utilizzare il plasma iperiummune al di fuori del protocollo, attraverso la richiesta per uso compassionevole.
«Piacenza mi risponde che si può fare, ma hanno chiesto a Pavia il plasma e al momento non è disponibile. Io rispondo che il siero l’ho trovato io, a Mantova, e se mi danno l’ok arriva in due giorni».
E così è stato: nel giro di poche ore da Mantova arrivano due sacche di plasma iperummune con un’alta carica anticorpale.
«Due infusioni a distanza di un giorno dall’altro e mio fratello sei giorni dopo non aveva più la febbre e aveva superato l’infezione – riprende Massimiliano Falanga –. Poi il trasferimento alla Maugeri e lunedì le dimissioni. E a questo punto anche a nome suo vorrei ringraziare i medici del Poma De Donno e Franchini per tutto quello che hanno fatto e che stanno ancora facendo. Non sono un medico e finora ho sempre letto che il plasma risultava efficace nella fase iniziale della malattie, ma nel caso di mio fratello è stato determinante anche in quella successiva». —
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