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Un grazie dopo 77 anni per quei gesti d’amore verso i destinati al lager

In stazione fermavano i treni diretti ai campi dei nazisti. La gente aiutava i prigionieri: ora il riconoscimento via email

ATTILIO PEDRETTI
1 minuto di lettura

BOZZOLO. Un abbraccio riconoscente via e-mail lungo 77 anni. Una comunicazione moderna che riporta alla memoria i tempi dell’ultima guerra, quando gli abitanti di Bozzolo, soprattutto alcune donne organizzate da don Primo Mazzolari, andavano alla stazione, al binario morto dove erano fermi treni di prigionieri sconosciuti diretti in Germania.

Raccoglievano i bigliettini che i trasportati gettavano a terra sperando che qualcuno li inviasse alle famiglie, e cercavano di dare loro da mangiare grazie alla collaborazione dei ferrovieri.

Un passato che ogni tanto riemerge. Come in questi giorni. Il sindaco Giuseppe Torchio ha reso nota l’e-mail ricevuta «da Franco Maia, figlio di Guido, capitano dell’Esercito, deceduto nel campo di concentramento di Thorn, in Polonia».

Scrive Maia: «In questo lungo periodo nel quale, come tutti, sono stato recluso in casa, ho cercato di occupare il tempo immergendomi nei vecchi ricordi di famiglia. Ho così riletto il diario di mio papà, Guido Maia, classe 1910, Capitano dell’esercito italiano, compagnia di Asti, tenuto durante il suo peregrinaggio per l’Italia e poi per l’Europa, con una destinazione tragica, quale il campo di concentramento di Thorn, in Polonia. Il 12/9/1943 ha scritto: “Al mattino siamo a Bozzolo Mantovano. Non dimenticherò mai come ci hanno accolto. Pane, frutta, dolci, polenta, tutto ciò che hanno potuto dare, hanno dato. Facciamo provvista perché i tedeschi non parlano di mangiare”. E questo è solo uno degli attestati del grande cuore degli Italiani, soprattutto di quelli dei piccoli centri come il Suo nei momenti più bui del bisogno. Un grazie a Lei in qualità di rappresentante della Sua comunità ed a Lei ed ai discendenti dei Suoi generosi concittadini, un abbraccio riconoscente lungo 77 anni, da parte mia, Franco Maia, e dai miei figli, di Guido, il più grande, in particolare…”».

«Come sindaco della comunità ringrazio di questo pensiero grato, che giro a tutta la popolazione di Bozzolo, con orgoglio e viva partecipazione perché i bozzolesi sono questo, come ha ben ricordato il giornalista Luciano Ghelfi nel bel libro sugli Sfollati». Quel Ghelfi la cui famiglia è stata catapultata a Bozzolo da Scauri per sfuggire alla guerra.

 

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