Vent’anni fa la grande piena, San Benedetto non dimentica
Il Po mai così alto, la paura per le case, la forza dell’acqua. Così la rotta salvò il paese, ma travolse secoli di storia
Oriana CaleffiSAN BENEDETTO PO. A vent’anni di distanza sono ancora vive nel ricordo di molti, a San Benedetto, le immagini terribili della piena del 2000 con il loro intreccio di sentimenti e di emozioni. Quell’anno era iniziato a piovere dal primo ottobre e a metà del mese la gente era in apprensione per l’aumento del Po. Tra il 16 e il 17 ottobre gli abitanti della golena di Po Morto avevano ricevuto l’ordine di sgombero, anche se, attaccati a un filo di speranza, ancora non volevano lasciare i poderi, gli animali, i raccolti, le case.
Pure in paese c’era paura, perché si temeva che l’argine maestro, alto e stretto, non avrebbe retto all’urto della piena, mettendo in pericolo tutto l’abitato. Il punto più critico fu raggiunto nella notte tra il 18 e il 19 ottobre, quando all’arrivo del prefetto e di uno spiegamento di forze mai visto davanti ai carabinieri, tutti capirono che la decisione del taglio pilotato era stata presa, anche se la popolazione non era stata coinvolta. Così sul far dell’alba del 19 un cingolato munito di benna percorse un tratto di arginello per creare una finestra all’acqua del fiume. Per tutta la mattinata moltissimi rimasero sull’argine maestro di fronte all’abitato, soffrendo la tensione dell’attesa. Intanto l’acqua tracimava in molti punti, creando cascate.
Solo poco prima delle 11 l’argine cedette, ma nel punto che volle lui. All’improvviso si creò un’apertura da cui cominciò a uscire con estrema violenza una corrente d’acqua che travolse tutto, riempendo in appena un’ora e mezza la grande golena, estesa per 700 ettari, per una lunghezza di otto chilometri e una larghezza di tre. Si trattava di un’area caratterizzata dalla presenza di importanti corti agricole di origine benedettina, che si era venuta creando dal 1781 quando i monaci polironiani, con un’opera d’ingegneria all’avanguardia, avevano realizzato il taglio di Montecucco, allontanando dall’abbazia il corso del fiume Po di circa tre chilometri. La vocazione imprenditoriale agricola era ancora ben viva nel 2000 con coltivazioni a frutteto, vigneto, cereali e foraggere per gli allevamenti bovini.
La piena sommerse corti, attrezzi, raccolti e nella parte più ad ovest, alle spalle della frazione di Portiolo, mise sott’acqua anche un nucleo di case private. Il livello dell’acqua toccò nei punti più bassi i 6-7 metri, raggiungendo il secondo piano delle abitazioni.
La “rotta” aveva salvato le zone a valle, ma a San Benedetto il grande lago che si era formato fu l’inedito panorama dei mesi a venire. Solo in primavera, con l’utilizzo giorno e notte per un mese e mezzo dell’idrovora, si riuscì a svuotare l’invaso. Bisognò aspettare il 2003 per la chiusura delle due brecce create dal fiume, dopo che nel 2002, per un’altra piena, l’acqua era entrata ancora una volta in golena.
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