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Bar e ristoranti mantovani: «È la mazzata finale»

Contestata la chiusura dei locali alle 18 decretata dal governo. Piscine e palestre: non siamo untori, da noi nessun contagio

Sandro Mortari
2 minuti di lettura

MANTOVA. «Un’altra mazzata per il settore, forse decisiva per affossarci». Così ristoratori, baristi, gestori di piscine e palestre commentano l’ultimo Dpcm di Conte che ha predisposto da lunedì 26 ottobre  lo stop alle 18 dei pubblici esercizi e la chiusura di alcuni impianti sportivi. Dietro l’angolo c’è la mobilitazione di piazza delle categorie colpite: mercoledì i primi a protestare saranno baristi e ristoratori, a cui si unirà Luca de Marchi di Fratelli d’Italia per scagliarsi contro «la dittatura di Conte e dei 5 Stelle».

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«La risposta all’emergenza Covid non può essere semplicemente più chiusure, perché non è sostenibile per la nostra economia e per le nostre imprese» afferma il presidente della Fipe-Confcommercio di Mantova, Giampietro Ferri. «Almeno ci hanno lasciato il pranzo della domenica – si consola da ristoratore – ma la chiusura alle 18 è un disastro. Eppure, i pubblici esercizi in questi mesi si sono adoperati per adottare tutte le misure di sicurezza previste. Tagliando la sera ci restano solo il pranzo, l’asporto e la consegna a domicilio». Protestano anche gli agriturismi; quelli aderenti alla Cia vanno giù duro: «Lo stop alle 18 equivale alla chiusura dell’attività».

Sulla stessa lunghezza d’onda Mattia Pedrazzoli, presidente dei baristi di Confcommercio. Anche lui parla di «mazzata al settore che sembra quasi il preludio a qualcosa di più grosso». «Ormai – aggiunge – il lockdown psicologico è cominciato da giorni. Siamo molto amareggiati perché abbiamo investito per adeguare i nostri locali alle misure di sicurezze richieste e, con questa chiusura, non ci viene riconosciuto. Comunque – prende coraggio – non è necessario che le saracinesche vengano giù: dalle 18 e fino alle 23 possiamo continuare con asporto e delivery». Baristi e ristoratori di Mantova saranno in piazza mercoledì per rivendicare le loro ragioni e, soprattutto, per chiedere al governo misure di sostegno.

Non va meglio per piscine e palestre, anche loro destinate a chiudere da lunedì 26 ottobre. Anche per Mattia Torquati della Sport management, la società che gestisce il centro natatorio Dugoni, «quella del governo è una mazzata che ci arriva pur avendo rispettato tutti i protocolli. Basti pensare che la settimana scorsa sia noi che altre strutture simili abbiamo avuto molte visite da parte di Ats e Nas senza alcun rilievo. Per questo mai ci saremmo aspettati la chiusura». La situazione si è fatta pesante per il settore: «Il governo – sottolinea Torquati – ci ha promesso ristori, ma se guardo al passato non c’è da stare allegri. Stiamo valutando col sindacato di categoria di organizzare una manifestazione a Roma. Siamo stati dipinti come untori, mentre nelle nostre strutture non c’è stato alcun caso di contagio».

«Siamo fuori da qualsiasi logica» contesta Emilio Bertoncello, titolare della palestra Erg Energym di via Valsesia. «Vorrei sapere perché chiudiamo: abbiamo sempre investito in sicurezza e mai si è verificato un caso di contagio. Se chiudiamo un mese salveremo l’Italia? Siamo in balìa della stupidità del sistema, se poi si lasciano andare in giro ovunque le persone...». Arrabbiata ma decisa a non arrendersi anche Francesca Accorsi, titolare dell’Officina del benessere di Borgo Virgilio. Dopo 105 giorni di chiusura in primavera ritorna l’incubo: «So che l'Officina è sempre stato un luogo sicuro, dove tutte le prescrizioni, anche quelle più insensate, sono sempre state rispettate scrupolosamente...».

E i circoli ricreativi e i centri sociali, chiuderanno? Dice Marco Dei Cas, presidente provinciale di Arci: «Non abbiamo ancora deciso nulla perché il decreto non è chiaro. Noi siamo anche centri culturali non solo circoli ricreativi, per cui abbiamo chiesto l’intervento dei nostri avvocati nazionali. Siamo in attesa di un chiarimento».

Chi, invece, per ora chiuderà i battenti è il centro sociale di Valletta Valsecchi: «È una misura precauzionale che dobbiamo ai nostri soci, soprattutto anziani – dice Enrico Grazioli, consigliere comunale Psi e collaboratore – anche noi siamo in attesa di capire meglio una norma non chiara». Sergio Olivieri, presidente dell’associazione comunali, lancia l’allarme e si appella al sindaco Palazzi: «Non siamo più in grado di organizzare e sostenere le varie iniziative – dice – colpa del lockdown precedente che ha bloccato totalmente la nostra attività».
 

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