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Mantova, circoli chiusi e senza aiuti: appello dell’Arci ai sindaci

Il presidente Dei Cas: situazione non sostenibile, molti dei 46 non riapriranno: «In prima linea per i più fragili, anche a noi servono sostegni per sopravvivere»

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MANTOVA. Chiusi e lasciati senza misure di ristoro: la situazione dei 46 circoli Arci della provincia di Mantova «non è piu sostenibile». A farsene portavoce è il presidente provinciale Mirco Dei Cas che ieri ha incontrato i sindaci della provincia per presentare loro l’appello “Curiamo la socialità” a sostegno delle attività e dei circoli che il governo ha deciso di chiudere. «Siamo consci della situazione sanitaria critica – spiega – ma questa scelta ci amareggia perché il governo, oltre ad aver nuovamente chiuso i nostri spazi e messo in quarantena le nostre iniziative, non ha nemmeno previsto le indispensabili misure di ristoro, oggi come durante il primo lockdown».

Durante la prima chiusura, sebbene costretti a sospendere le loro attività, i circoli Arci si erano messi a disposizione delle amministrazioni locali e delle comunità con strutture e volontari per sostenere le persone più fragili. «Malgrado la chiusura totale abbiamo cercato di contribuire al superamento del senso di solitudine delle persone programmando centinaia di iniziative culturali online e non solo – racconta – nei mesi estivi abbiamo cercato di fare il possibile investendo anche risorse per eventi culturali e attività sociali e per ricostruire un clima positivo di fiducia reciproca». Anche oggi sono presenti ma «come le altre categorie, per sopravvivere abbiamo bisogno di un doveroso sostegno».

Il fatto è che «le disposizioni per contenere la pandemia non riconoscono il valore sociale delle attività svolte dall’associazionismo ricreativo e culturale» e questo rappresenta «un colpo durissimo per l’Arci, per le sue socie e soci, più di un milione in Italia e 12mila solo a Mantova, e per tantissimi circoli che rischiano di non riaprire più». Anche l’attività di somministrazione, che ad altri settori è permessa, «per noi non è possibile, non considerando che da essa proviene il sostegno per molti servizi, rassegne, eventi, attenzioni che rivolgiamo alla comunità». Insomma «i sostegni economici sono praticamente inesistenti». Non manca l’amarezza per un governo che «non considera che il Terzo settore in generale e l’associazionismo in particolare sono mattoni di coesione sociale e che una volta persi sono difficili da ricostruire». Realtà che «promuovono cultura supportando tanti giovani professionisti: decine di lavoratori dipendenti e centinaia di collaboratori autonomi».

Di qui l’appello ai sindaci «di rappresentare le nostre ragioni, e anche quelle di tutto il Terzo Settore, a tutti i livelli politici del nostro Paese affinché vengano prese in esame e ricevano il giusto quanto sempre tardivo riconoscimento». Loro nel frattempo continueranno a mettersi a disposizione della comunità. Come sempre. —
 

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