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Boom delle fasce povere a Mantova: triplicate le richieste di aiuto

La crisi economica ha colpito duro lavoratori precari e famiglie monoreddito. L’assessore al welfare Andrea Caprini: prevediamo scenari ancor più pesanti per il post lockdown. Le duemila domande per il Buono spesa si aggiungono alle 700 famiglie già assistiti

Nicola Corradini
2 minuti di lettura

MANTOVA. «La povertà da lockdown è un fenomeno che sta crescendo e i segnali che raccogliamo sono allarmanti per il futuro: dobbiamo prepararci per lo scenario del dopo pandemia che vedrà le nuove fragilità sommarsi a quelle già seguite». Andrea Caprini, assessore al welfare, si occupa da mesi dell’altra faccia della emergenza sanitaria, quella che mostra le conseguenze sociali di quanto stiamo vivendo da mesi. E non dobbiamo illuderci: questi sono i primi tratti di uno scenario sociale con cui dovremo fare i conti tutti anche quando la situazione sanitaria rientrerà nella normalità.

Già nel corso del lockdown della scorsa primavera, gli uffici dell’assessorato erano stati contattati da persone e famiglie che mai avevano avuto bisogno di chiedere un sostegno. E stiamo parlando di aiuti per raggiungere quantomeno la soglia di sussistenza economica.

«Durante il lockdown abbiamo gestito qualcosa come 1.948 domande per ottenere il buono spesa – dice l’assessore al welfare – una cifra molto alta se si pensa che normalmente gestiamo circa 7-800 domande di intervento un anno». Insomma, per dirla in modo un po’ grezzo ma chiaro, è triplicata la domanda di aiuti economici e sociali (perché le situazioni conosciute non sono sparite). «Stimiamo che circa il 70% di quelle richieste sia arrivato da persone e famiglie che non avevano mai avuto bisogno di sostegno – spiega l’assessore – la situazione non è migliorata, perché anche con questa seconda ondata le situazioni di precarietà economica sono destinate ad aumentare».

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Quali sono i soggetti maggiormente esposti a questo rischio? Stiamo parlando di condizioni molto pesanti, di famiglie che non possono contare nemmeno su risparmi custoditi i in banca o parenti che possano aiutare. Nella prima fase del la pandemia, le nuove povertà sono emerse nell’universo del precariato impiegato nei servizi alla persona (badanti, baby sitter), nella ristorazione (pensate a chi viene chiamato solo quando c’è più clientela, come nei fine settimana) o nell’edilizia. Ma l’elenco è molto più lungo. E oggi è anche più vasto. «Comprende i cosiddetti working poor, vale a dire persone che anche se lavorano regolarmente hanno difficoltà o non riescono ad arrivare fine mese – dice – si rivolgono a noi famiglie monoreddito, che con uno stipendio di 1.200 euro (o meno) al mese non riescono a farcela. Ci sono poi persone che riescono a lavorare solo saltuariamente o altre che hanno dovuto ridurre gli orari per assistere qualche familiare, come un anziano o un bimbo. Queste fasce erano già deboli prima della pandemia, ora hanno subito un tracollo. E dobbiamo preparaci al peggioramento. Basta pensare quando finiranno i fondi di sostegno dello Stato o quando si potrà licenziare».

Caprini ha avuto un incontro con la Caritas per pianificare gli interventi.

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«Da un lato ci sono le povertà già conosciute che continueremo a seguire – dice – poi dobbiamo prevedere un piano di emergenza per chi si troverà senza casa. Qui entrano in ballo anche i casi violenza domestica, nei confronti di donne e minori. Che in situazioni come il lockdown tendono ad aumentare. Ho già insistito con sindaco e giunta per investire più risorse, nel bilancio 2021, sui progetti per il welfare. Penso in particolare agli accordi con Caritas su housing sociale e sul microcredito. Due strumenti da potenziare e da aggiungere a quelli che già applichiamo. Dobbiamo mettere al centro dell’azione le famiglie, soprattutto quelle composte da genitori e più figli perché gli studi prevedono che le famiglie più colpite dalla crisi saranno (e sono) quelle numerose».

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