Trentatré Comuni mantovani in rete contro l’azzardo: in cantiere un progetto da 173mila euro
Coinvolti gli ambiti di Suzzara, Mantova e Ostiglia: tra gli obiettivi, uniformare i regolamenti. I malati di gioco sono 8mila
Igor CipollinaMANTOVA. Malati d’azzardo, all’affannosa rincorsa di un riscatto che li precipita sempre più in basso: si calcola siano 8mila i giocatori patologici della provincia di Mantova, almeno 10mila le famiglie coinvolte, perché la dipendenza guasta sempre la geografia degli affetti, ma soltanto in 150 sono approdati al Serd, il servizio dell’Asst, ammettendo di avere un problema. Numeri che raccontano di una malattia sociale, da curare con una terapia larga e coordinata, come quella messa a punto attraverso il progetto “Come gioco?”: la chiave sta nella rete, che copre tre ambiti (i distretti di una volta) e trentatré comuni. Suzzara, capofila con l’azienda speciale consortile Socialis, Ostiglia e Mantova. Praticamente mezza provincia. Con Ats Val Padana, Asst e il contributo di Regione Lombardia, che dei 173mila euro di spesa prevista ne copre 144mila, attraverso un bando dedicato.
Tra le azioni previste, l’armonizzazione dei regolamenti comunali sulla gestione dei luoghi fisici dell’azzardo legale. E chissà che non si riesca a mettere in pausa il gioco, adottando finalmente fasce orarie uguali in tutti i comuni, come da anni va predicando il Coordinamento no slot: «È tra gli obiettivi» conferma la coordinatrice del progetto, Rosanna Maramotti di Socialis.
In principio è stato il progetto “Ludo(a)patia” dell’ambito di Mantova, modello che “Come gioco?” punta a replicare su scala più larga, intraprendendo anche nuovi percorsi per disinnescare l’azzardo patologico. Tre le aree di azione, elencate da Maramotti. La prima è proprio quella della regolamentazione e del controllo: «L’obiettivo è superare l’attuale frammentazione, adottando regolamenti comunali condivisi». La seconda area declina il contrasto al fenomeno, sia attraverso un piano formativo rivolto ad amministratori, polizie locali e operatori sociali, sia con «una ricca campagna informativa e di comunicazione». Nelle scuole, di ogni ordine e grado, e nelle aziende attente al benessere dei propri dipendenti. La comunicazione sarà rivolta alla popolazione in generale e modulata anche su target specifici, come quello dei giovani, più esposti al gioco online.
La terza attività prevede la promozione di punti d’informazione, orientamento e ascolto, anche di quelli già esistenti, dove gli operatori siano in grado d’intercettare e leggere i segnali del gioco patologico. Primo fra tutti, la povertà. Dalla febbre della vincita ai morsi della rovina, il passo è breve. Avviato nei mesi scorsi, nonostante gli ostacoli della pandemia, il progetto continuerà fino a luglio.
La stima degli 8mila ludopatici potenziali nella provincia di Mantova la si ottiene applicando la percentuale indicata dall’Istituto superiore di Sanità per pesare il fenomeno a livello nazionale: 3%. «Numeri consistenti» osserva lo psichiatra Marco Degli Esposti, direttore del Serd, che si occupa di curare i malati d’azzardo e le loro famiglie. L’opportunità offerta dal progetto “Come gioco?” è quella d’intercettare, e avviare alla cura, più persone delle 150 seguite nel corso del 2020. Ancora una volta, la chiave sta nella capillarità della rete: «Dobbiamo fare in modo che le persone con un grave problema, e le loro famiglie, sappiano che esiste un servizio pubblico che, gratuitamente, mette a disposizione un trattamento di medio/alto livello – interviene Degli Esposti – Non c’è nemmeno bisogno della prescrizione del medico, basta telefonare, e nel giro di pochi giorni si viene visti, prima da un assistente sociale, quindi da uno psicologo».
A ribadire la forza della rete sono tutti gli attori del progetto. Così l’assessore al welfare alla pubblica istruzione di Moglia, Greta Bertolini, che sottolinea l’importanza del coinvolgimento «di tre ambiti, poco abituati a confrontarsi su percorsi comuni». E così anche per gli assessori di Ostiglia e Mantova, Ilaria Reggiani e Andrea Caprini, che insistono sul «gioco di squadra, per fare un salto di qualità rispetto alle progettualità precedenti».
Anche dal direttore sociosanitario di Ats, Carolina Maffezzoni, parole d’incoraggiamento per «la strategia di valorizzazione e promozione di azioni non sporadiche, ma in un’ottica di sistema», che integra il pezzo sociale con la parte sanitaria. Vincente, la strategia dell’unione, anche perché moltiplica la forza di Davide contro i Golia dell’azzardo, i giganti bravi a intimorire a suon di ricorsi.
I commenti dei lettori