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Arresti cardiaci a Mantova: boom tra febbraio e marzo

Più 58% anche nelle province di Lodi, Cremona e Pavia. L’esperto:«Sistema sanitario sovraccarico e modalità del soccorso a causa del Covid»

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MANTOVA. Da quando è iniziata la pandemia Covid-19 sono aumentati gli arresti cardiaci e si è contestualmente ridotta la sopravvivenza delle persone che ne sono colpite: con percentuali che variano, a seconda degli studi esaminati, dal 4 al 30%. È quanto emerge dai dati riportati in diversi studi pubblicati sulla letteratura scientifica internazionale che hanno indagato la variazione dell’incidenza di arresti cardiaci extra-ospedalieri in rapporto alla diffusione del coronavirus.

In particolare uno studio italiano pubblicato sul New England Journal of Medicine ha registrato 362 arresti cardiaci durante la prima fase della pandemia (21 febbraio-31marzo) nelle province di Mantova, Lodi, Cremona e Pavia con un aumento del 58% rispetto agli stessi giorni dell’anno prima. I decessi dei pazienti, verificatisi prima dell’arrivo in ospedale, sono aumentati dell’11,4%.

«Gli studi – spiega Giuseppe Ristagno, presidente di Italian Resuscitation Council (IRC) – confermano la realtà che osserviamo noi medici impegnati tutti i giorni nei reparti ospedalieri: l’aumento degli arresti cardiaci e una mortalità più alta. Tra le cause che oggi si possono ipotizzare, oltre all’inevitabile sovraccarico dei sistemi sanitari, c’è anche il fatto che spesso le persone che assistono a un arresto cardiaco hanno paura o non sanno come intervenire correttamente con il massaggio cardiaco e il defibrillatore. Con l’auspicio che l’introduzione del vaccino possa migliorare la situazione sanitaria globale e ridurre l’impatto del coronavirus sui sistemi ospedalieri, diventa in ogni caso urgente introdurre e sostenere elementi che possano migliorare subito il primo soccorso».


 

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