Mantova, un anno da incubo: dal buio dei contagi alla luce dei vaccini
Il primo ricovero il 27 febbraio, poi il virus inizia la sua corsa veloce. Ospedali come campi di battaglia, plasma, focolai e lockdown: ecco come è cambiata la nostra vita
Roberto BoMANTOVA. Dieci mesi vissuti con la paura degli occhi. Dieci mesi in cui si è passati dal buio dell’incubo virus allo spiraglio di luce dei vaccini in via di distribuzione. Dieci mesi di angoscia per un nemico invisibile che ha stravolto le nostre vite come in un catastrofic movie.
È il primo dicembre 2019 quando dalla città cinese di Wuhan arriva la notizia di una polmonite anomala che soltanto il 24 gennaio la rivista Lancet individua come il primo caso di una malattia che non ha ancora un nome. È’ l’inizio di tutto e i numeri bastano da soli a raccontare la trama di quello che non è un film. Mantova da quel giorno ha registrato quasi 16mila contagi e quasi un migliaio di decessi.
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Il virus sbarca da noi il 27 febbraio quando al Poma viene accolto il primo paziente positivo. Il contagiato non è un mantovano, ma un sessantenne bresciano. Il giorno dopo è il D-Day e alle 11 di sera il parcheggio del Poma è illuminato a giorno dalle sirene di un centinaio di ambulanze. Il 29 febbraio si registra il primo contagiato mantovano: è un pensionato di 84 anni di Cogozzo. Il giorno dopo la curva degli infettati inizia a salire velocemente: a fine marzo si arriva già a quota 1700.
Nel frattempo il 9 marzo scatta il primo lockdown per due mesi. A maggio la situazione si allenta, ma il 3 novembre torna l’allarme e l’Italia viene divisa a colori, fino alla nuova stretta di Natale.
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Il 17 marzo inizia lo studio mantovano sull’uso del plasma iperimmune. I primari Giuseppe De Donno e Massimo Franchini sono in prima linea. Grazie al plasma iperimmune – sostengono i medici del Poma e Regione Lombardia – la mortalità si è ridotta dal 13-20% al 6%. Mesi sopo il New England Journal pubblica uno studio in cui sostiene che non vi sono differenze tra il plasma e le cure placebo.
A marzo e aprile il Poma è quasi tutto Covid, con più di 200 ricoverati. I decessi sono anche dieci al giorno.
Fuori dai pronto soccorso vengono montate le tensostrutture per i tamponi alla popolazione e partono i primi screening di massa.
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Giugno e luglio sono i mesi dei focolai in macelli e salumifici del Viadanese. E da lì il contagio si propaga in altri settori lavorativi.
Si passa dai 500 contagi a settimana di aprile ai 100 di maggio. È così fino a settembre, poi a ottobre la corsa riprende con la seconda ondata.
A dicembre via libera ai vaccini. La nuova fase si apre domenica scorsa alle 16 con i primi 50 vaccinati al Poma. La luce dopo 10 mesi di oscurità.
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