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Mantova, quotazioni record per mais e soia: «Ma non è detto che sia un bene»

Con i prezzi lievitano i costi delle produzioni zootecniche. E Coldiretti rilancia: «Adesso serve un piano nazionale»

Sabrina Pinardi
2 minuti di lettura
(ansa)

MANTOVA.  Balzo mai visto per le quotazioni internazionali di mais, soia e grano. In controtendenza con gran parte degli altri numeri che raccontano l’economia mondiale nel 2020, per le commodity il segno è più. Ma, soprattutto per l’agricoltura mantovana, non è detto che questo record (il mais registra il massimo incremento del decennio) sia un bene. A segnalare la tendenza è Coldiretti, che sottolinea anche come l’emergenza sanitaria sia, insieme con l’incertezza dovuta ai cambiamenti climatici, tra i principali responsabili dell’impennata: la corsa ai beni essenziali per sfamare le popolazioni, in scenari futuri poco rassicuranti, fa sì che i produttori di tutto il mondo facciano incetta di materie prime per produrli. E i prezzi aumentano.

«Il 2020 – precisa Paolo Carra, presidente della Coldiretti – è stato accompagnato dalla volatilità, che ha portato all’aumento dei prezzi di molte commodity. A livello territoriale, in particolare, i costi di delle produzioni zootecniche e delle grandi Dop sono aumentati. E con ogni probabilità, il trend rialzista si verificherà anche per buona parte del 2021». Nel bilancio di fine anno il grano ha messo a segno un aumento del 14,6%, il mais del 24,8% e la soia del 37,2% (picco degli ultimi sei anni e mezzo). La soia, per esempio, coltivata nel Mantovano su 12.500 ettari (in calo rispetto al 2019, dati Confagricoltura) è uno dei prodotti agricoli più coltivati al mondo. E l’Italia, primo produttore europeo (circa il 50% del totale) è comunque deficitaria e deve importare dall’estero. Se andrà come sostengono gli analisti, che prevedono ulteriori rincari, per gli allevamenti nostrani sarà un guaio: gli effetti positivi delle quotazioni si trasferiranno soltanto marginalmente, mentre sul lato dei costi l’impatto si farà sentire in maniera pesante.

«Il nostro Paese ha bisogno di un piano di potenziamento produttivo e di stoccaggio per le principali commodity, dal grano al mais, e di un piano proteine nazionale per l’alimentazione degli animali in allevamento» prosegue Coldiretti.

Della necessità di dipendere meno dall’estero si parla da tempo, ma la crisi ha reso il bisogno impellente. Il costo del cibo è, del resto, una delle voci che più fanno tremare i produttori. Il costo della razione di un suino per le Dop (Mantova fornisce il 40% delle cosce per prosciutto di Parma e San Daniele) composta da mais, orzo, frumento, crusca integrati con proteici come la soia, il sorgo o il pisello proteico e con sali minerali e vitamine, è aumentato di circa il 20%. Per fare un suino, il costo di produzione si avvicina a 1,45/1,5 euro al chilo, ma la quotazione poi non paga: 1,273 euro al chilo a fine novembre, appena sopra l’1,2 nell’ultima seduta Cun. «I prezzi – aggiunge Carra – si sono posizionati su valori inferiori addirittura del 32,3% rispetto alla fine di dicembre 2019». —


 

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