Mantova, parlano gli ex colleghi del primario di Montichiari arrestato: «Voleva strafare»
«Se arrivavano due pazienti gravi voleva gestirli da solo». Mosca sarà interrogato il 29 gennaio
Roberto Bo
MANTOVA. «Era un interventista, forse un po’ troppo interventista e in reparto aveva creato timori e gelosie. Era un medico del tipo “faccio tutto io”». Il dottor Carlo Mosca, il primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montichiari agli arresti domiciliari con l'accusa di omicidio volontario per aver somministrato farmaci letali a due pazienti affetti da Covid nel corso della prima ondata della pandemia, a marzo, è dipinto così dagli ex colleghi del pronto soccorso di Mantova con i quali ha lavorato a stretto contato per tre anni, dal 2014 al 2017.
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Timori e paure, ma anche ansia, che aveva trasmesso ai medici e agli infermieri che si trovavano in turno con lui. E dopo i due infermieri di Montichiari che secondo la ricostruzione degli inquirenti bresciani si erano rifiutati di eseguire le sue richieste ritenendole “fuori protocollo”, ora emergono anche resistenze e malumori covati al tempo dai colleghi mantovani.
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«Andava sempre a mille – racconta uno di loro chiedendo l’anonimato – era estremamente capace e sempre sicuro dei propri mezzi e delle proprie attitudini. È vero, sapeva fare un sacco di cose che normalmente non vengono fatte in un pronto soccorso. Sapeva mettere drenaggi, faceva ecografie, defibrillava i pazienti gravi e faceva anche manovre da chirurgo, ma non aveva alcuna specialità, a dispetto di una manualità incredibile».
Un’intraprendenza oltre ogni limite che aveva portato alcuni colleghi, medici e infermieri, a segnalare la cosa ai superiori, che in diverse occasioni lo avevano richiamato al suo ruolo: «Fai quello che ti compete», gli era stato intimato. E lui rispondeva sempre allo stesso modo: «Possiamo e posso fare di più per il bene dei pazienti».
E per questo suo modo di fare, da qualcuno giudicato al di sopra delle sue competenze, aveva suscitato gelosie da parte di colleghi che in qualche modo metteva in ombra togliendo loro il lavoro.
«Ad esempio – racconta un altro operatore all’epoca al pronto soccorso di Mantova – se arrivavano due codici rossi li prendeva in carico tutti e due, quando invece doveva passarne uno all’altro medico di turno. Insomma, portava via i pazienti ai suoi colleghi. Inoltre faceva cose anche di competenza dei cardiologi e di altri reparti. I medici e gli infermieri a quel punto brontolavano perché avevano il timore di un errore e di dover pagare con una denuncia questa sua intraprendenza».
Nei tre anni trascorsi a Mantova erano arrivate anche segnalazioni anonime di decessi su cui si chiedeva di fare luce. La direzione aveva fatto le necessarie verifiche ma alla fine non era emerso alcunché di irregolare. «Attenzione, però – sottolinea un medico del pronto soccorso – questo non vuole dire nulla perché nella nostra carriera questo genere di esposti anonimi arrivano a tutti e questo non significa che uno abbia commesso delle negligenze».
Intanto è stato fissato per il 29 gennaio l'interrogatorio di garanzia davanti al gip di Brescia. Il dottor Carlo Mosca è ai domiciliari, ma non nell’abitazione di Mantova. Tramite il suo avvocato ha fatto sapere di essere estraneo ai fatti contestati e di aver agito sempre in maniera corretta.
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