Il funzionario a processo: «Non capivo il lavoro, colpa della depressione»

MANTOVA. Per tre anni, secondo l’accusa, non ha smistato la corrispondenza, non ha aggiornato i registri e non ha iscritto i procedimenti civili. L’addetto alla ricezione atti della Procura, ieri mattina, ha raccontato la sua verità al collegio giudicante presieduto da Enzo Rosina. «Per quanto mi sforzassi di capire quello che dovevo fare in quell’ufficio non ci sono mai riuscito. Avevo paura di sbagliare ed ero sempre più in ansia. C’era tanto, troppo lavoro, e io non ne uscivo. Tante crisi di panico che poi sono sfociate in depressione. Per due volte sono finito in ospedale. Ho cercato di fare il possibile ma è stato tutto inutile e, a un certo punto, hanno fatto a meno di me».
È lo sfogo di Carlo Calamaro, 68 anni, approdato in tribunale a Mantova nel 2012 ma ora in pensione. «Per ventisei anni ho fatto l’assistente alle udienze penali, non avevo alcuna esperienza di altri uffici». L’ex funzionario giudiziario, secondo l’accusa, avrebbe reiterato «i comportamenti negligenti» dal 18 giugno 2012 al 30 giugno del 2015, aggravati dal fatto che era anche coordinatore dell’ufficio. «La situazione era spaventosa – ha raccontato ieri in aula l’imputato – il lavoro talmente tanto che era praticamente impossibile rispettare i tempi prescritti». Il servizio ricezione prevede il deposito degli atti delle notizie di reato provenienti da privati cittadini (esposti e querele) e dagli organi di polizia giudiziaria (denunce, informative di reato o comunicazioni di notizie di reato).
Il ruolo del funzionario della procura, dunque, era importante, considerando il fatto che era proprio lui a coordinare il lavoro dell’intero ufficio. Le sue mancanze avrebbero comportato una serie di gravi ritardi, con quello che ne consegue sia per gli imputati che per gli investigatori. La prossima udienza è fissata per l’8 marzo. —
Gol
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