Quell’esercito dimenticato: 500mila nomi di patrioti risorgono online dall’oblio
Il progetto Torelli trascrive i combattenti del Risorgimento. Le sorprese? Nella “meglio gioventù” anche De Amicis, Wuhrer, Sperlari
francesco Romani
SOLFERINO. Tra loro c’erano popolani e nobili, laureati e analfabeti. Un esercito di 680mila combattenti che partecipò alle tre guerre per l’indipendenza italiana dal 1848 al 1870. Sette campagne, parte delle quali si svolsero in terra mantovana da Curtatone e Montanara, a Goito, a Solferino. A tenere viva la loro memoria ci ha pensato la Società storica Solferino e San Martino con il “progetto Torelli”. Lanciata nel 2018, l’idea di consegnare ai posteri se non un volto, almeno un nome e una storia dei combattenti risorgimentali, ha coinvolto quattro classi con un centinaio di studenti fra Desenzano e Castiglione e una ventina fra volontari e soci, coordinati dal conservatore dei Musei di Solferino e San Martino Bruno Borghi. Al ritmo di 2mila trascrizioni al giorno, in queste settimane gli “scrivani” hanno varcato la soglia del mezzo milione di nomi inseriti nel database. «Quella che sembrava una operazione impossibile - spiega Borghi - sta diventando una realtà». A far partire il tutto, l’idea che gli ossari disseminati nell’Alto Mantovano a testimonianza delle mattanze sui campi di battaglia risorgimentali, non potevano da soli rendere giustizia a questa corale partecipazione alla liberazione dell’Italia. E nemmeno la nascita della Croce Rossa concepita sui colli mantovani nel 1859 dall’uomo d’affari svizzero Henry Dunant colpito dalla immane sofferenza della guerra, poteva ricordare il sacrificio «di tanti giovani - ricorda Borghi - che lasciavano tutto, casa, studi, lavoro per seguire le Armate. E giovani sono coloro che si stanno dedicando a far rivivere il Risorgimento».
Pian piano importanti istituti nazionali hanno iniziato a guardare con attenzione e poi a collaborare con l’impresa titanica. Dalle Civiche Raccolte di palazzo Moriggia a Milano, all’Accademia di Belle Arti di Firenze, al Museo del Risorgimento di Bologna. Il progetto ha quindi suscitato l’interesse di studiosi in Italia e all’estero e il fiume di nomi, è affluito alla società Solferino e San Martino, nata nel 1870 per volontà del conte Luigi Torelli, colui che sventolò per primo il Tricolore a Milano. Accanto al nome del soldato, anche quello del trascrittore, a simboleggiare il legame indissolubile fra i giovani di ieri e di oggi.
E fra i nomi sinora raccolti sono emerse sorprese. A partire da Edmondo De Amicis, lo scrittore del libro Cuore, al ministro della Guerra Alfonso La Marmora ed al fratello Alessandro, fondatore del corpo dei Bersaglieri, al garibaldino e scrittore Ippolito Nievo, a Nino Bixio, ma anche personaggi da romanzo, come Michele Amatore, schiavo sudanese poi diventato l’ufficiale moro. Al Risorgimento partecipò l’élite culturale ed economica italiana: dal pittore Telemaco Signorini, al primo direttore del Metropolitan di New York, Luigi Palma di Cesnola generale e archeologo, a Pietro Wuhrer, creatore della omonima fabbrica di birra ed Enea Sperlari, dell’azienda di torroni. Ma fu anche un moto di popolo. Dove la “meglio gioventù” era composta da contadini, artigiani, orfani. Gente che aveva a malapena un nome, si spese per l’Italia unita ed oggi rivive nel grande racconto del Risorgimento.
I commenti dei lettori